mercoledì 6 dicembre 2017

Cristina Battocletti, "Bobi Bazlen. L’ombra di Trieste" (Ed. La nave di Teseo)

di Tommaso Romano

Bobi (Roberto) Bazlen, Trieste 1902 – Milano 1965, è stata certamente una delle personalità centrali della cultura del Novecento, specie riguardando le complesse vicende dell’editoria nazionale, di cui fu scelto protagonista, che lo portarono con Luciano Foà a fondare la casa editrice Adelphi (1962), oggi diretto dall’allora giovane sodale, Roberto Calasso.
Il corposo volume Bobi Bazlen. L’ombra di Trieste, edito da “La nave di Teseo” (2017, €19,50), se ne occupa con rigore, grande padronanza e consonanza, Cristina Battocletti, nata a Udine, caposervizio della “Domenica” del “Sole 24 Ore”, critica cinematografica, autrice di biografie, racconti e di un romano di largo successo La mantella del diavolo (Bompiani, 2015). Con questo libro su Bazlen, la Battocletti recentemente ha avuto assegnato a Belpasso, il prestigioso Premio Internazionale “Nino Martoglio”, la cui Giuria era presieduta da Sarah Zappulla Muscarà.
Molto indicativa, l’apertura del libro, con una simbolica frase di Bazlen tratta da una lettera a Stelio Mattioni, del 1964, che traccia e rende un efficace autoprofilo: “Rinunciare: no; reagire: no; realizzare il prima possibile”.
L’aura misteriosa in cui è stata avvolta la figura di Bazlen, a cui ha dedicato un documentario, nel 1983, Aldo Grasso, converge con quella di uno straordinario “annusatore di libri” dal “suono giusto”. Poliglotta di cultura e formazione, scoprì Italo Svevo, pubblicò anche Kafka e Robert Musil e cento altri imperdibili.

Ebreo per parte di madre, evangelico di parte paterna, fu un visionario laico, amatissimo e detestato, come si conviene agli uomini oltre la soglia della conformistica mediocrità. Quasi ascetica e certamente leggendaria la sua intrapresa intellettuale ed editoriale, costellata da incontri plurali: da Umberto Saba alla Morante, da Montale a Cristina Campo, da Savinio a Adriano Olivetti, capace anche di suscitare forti antipatie da parte, per esempio, di Pasolini e Moravia.
Irregolare, fuori dal coro e dagli schemi sempre, superstizioso e antipratico per eccellenza, con interessi esoterici e psicanalitici (fu amico e paziente di Ernest Bernhard), “rabdomante di talenti”, praticò come intima necessità il nomadismo dei luoghi dove si spostava in continuazione e quello delle idee plurali, sempre professate in rigorosa libertà e da autentico airone libertario, anche in amore.
Come ben nota la Battocletti, “Bazlen disprezzava Ulisse, perché era un piccolo uomo salvato dall’astuzia minuta e scorretta”, preferendo ai miti greci, quelli assiro-babilonesi e indù, “per lui l’Occidente era roba da ragionieri. Amava l’Oriente e il Taoismo, il caso stabilito da certe regole, ammorbidito da certo disincanto”.
Un uomo dietro le quinte autore di una sola opera uscita per altro postuma da Adelphi, lo definisce questa sua biografa d’eccezione, capace di influenzare e segnare la storia dei grandi libri e delle idee.
La Battocletti ci consegna così un testo maiuscolo, che si legge con crescente e partecipato interesse, attraversato da un’arabescata capacità narrativa che include la filologia essenziale, mai pedante però, e una esaustiva bibliografia. Le pagine scorrono sostenute da una sostanza poematica che il lettore accorto, assaporando questo bel libro, vi troverà sicuramente.

dal n. 93,  anno XXXI, Ottobre - Dicembre 2017 di Spiritualità  & Letteratura

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