giovedì 26 febbraio 2015

A BAGHERIA,VILLA CUTO',OMAGGIO A GIOVANNI GIRGENTI
Venerdì 27 febbraio alle ore 17,00 nei saloni di villa Cuto',per iniziativa di un gruppo di associazioni culturali riunite nel ''Sistema Bagheria'',si terra' una serata in onore dello scrittore bagherese  Giovanni Girgenti ,1897-Palermo 1979, con letture di brani tratti dalle sue opere e traduzioni di classici.Sono stato invitato a introdurre l'incontro e saro' ben lieto di raccontare per grandi linee una ricca e straordinaria avventura umana e intellettuale,a dire il vero non molto conosciuta come dovrebbe essere.Ho conosciuto fin da bambino Girgenti,grazie ad una carissima,indimentcabile amica di famiglia,Maria Randazzo, attrice dialettale e braccio destro di Girgenti nella Compagnia teatrale Arcobaleno Siciliano.Ebbi modo di incontrarlo all'inizio della mia attivita' culturale,anche nelle tipografie di Renzo Mazzone e in  quella del cav. Pasquale Lo Monaco dove molti libri miei e di Thule videro la luce fino al 1992,con la mitica e colta signorina Enza Zago a dirigerla,Piu' volte mi recai nella sua ultima abitazione,al viale Strasburgo,a Palermo,Ebbi l'onore di essere inserito nel 1973 nella famosa antologia di Calogero Messina ''Voci di Sicilia'' che si apriva proprio con Girgenti.Classicista per professione e vocazione,amo' la Sicilia e la difese dalle denigrazioni,dotato com'era di un forte carattere e di una ferrea cultura.Innumerevoli le sue opere di poesia in lingua e in dialetto,traduzioni brillanti di classici come la Divina Commedia,moltissime,alcune inedite,le opere teatrali,Girgenti fu pure narratore e autore di un vocabolario siciliano italiano,scrisse testi per la radio e operette e canzoni satiriche.Fu molto apprezzato dal grande Trilussa,da Giuseppe Cocchiara,da Gaetano Falzone e da Luigi Natoli.
Dopo la morte del professore Girgenti, Matteo Di Fiore gli dedico' una breve monografia,un commosso ricordo.Tranne repertori biografici,come Personaggi di Provincia e Luce del Pensiero da me diretti e pubblicati,nonche' i profili di Salvatore Di Marco,l'opera di Girgenti è ancora tutta da studiare e attualizzare.Mi auguro che il gruppo benemerito che ha pensato a Girgenti, possa presto organizzare un Convegno scientifico sullo scrittore bagherese ,mettendo a punto una bibliografia completa della sua ricca produzione letteraria, che manca.

domenica 22 febbraio 2015

CONTINUATE A SEGUIRCI,SEGNALATE I BLOG FATE UNA VISITA VIRTUALE A THULE
Vorrei ringraziarvi tutti per il numero crescente di accessi e quindi di attenzione e condivisione per il lavoro intellettuale che propongo e proponiamo attraverso i blog ,gli incontri e i media,ultimo evento veramente ben riuscito ai Cantieri alla Zisa per presentare il bellissimo romanzo postumo di Giancarlo Licata,edito da Thule,Il volo dell'allodola,con prefazione del Maestro Nino Buttitta che ha con me presentato il libro, con successiva intervista su RAI Regione edizione 19,30 e con una serata magistralmente condotta da Roberto Gueli,con interventi di Silvana Polizzi,Salvatore Cusimano,Leoluca Orlando e con toccante parola della moglie di Licata,Giusi Serravalle curatrice del testo.Ha ripreso a pieno ritmo la storica testata,che è stata stampata a volte,del Sigillo,l'indirizzo mail e' www.ilsigillonews.blogspot.it ,non dimenticate di visionare www.thuleggi.blogspot.it sempre con nuovi articoli e recensioni .Vi invito ancora ad una visita virtuale alla sede della Fondazione Thule Cultura,associazione senza fine di lucro,specie per gli amici sparsi nel mondo,non esagero perché con i nostri siti www.edizionithule.it e www.tommasoromano.it e i blog monitoriamo quotidianamente accessi  da ogni parte e richieste da tante nazioni. Buona lettura e visione e segnalate ai vostri amici.

martedì 17 febbraio 2015

lunedì 16 febbraio 2015

Don Divo Barsotti in una rara intervista

Nella primavera del 1991, chi scrive insieme a Pietro Mirabile e Giulio Palumbo – due straordinari amici e poeti spirituali, figli elettivi di San Pio da Pietrelcina con cui vissero spesso a fianco – ci recammo a Settignano, sulle colline di Firenze, a Casa San Sergio fondata da uno dei protagonisti del cattolicesimo novecentesco: Don Divo Barsotti, un grande mistico, autore di pagine sterminate e immense, fondatore della Comunità dei Figli di Dio. Fummo “affidati” al Padre Serafino Tognetti che fu poi il primo superiore della comunità dopo la morte di Don Barsotti (1914-2006), e vivemmo giorni che solo la Parola nello Spirito potrebbe raccontare compiutamente. I lunghi dialoghi e i silenzi intessuti con il Padre, la Santa Messa come autentica adorazione del Sacrificio e della Gloria, i suoi ammaestramenti, risuonano ancora in me. Incontrai successivamente a Palermo, ospite della CFD, il Padre ed anche in quella occasione ebbi forte l’esperienza dell’Incontro con un autentico uomo di Dio. Conservo di Don Divo lettere, giudizi sulle mie opere (specie su “Il Cristo di ogni giorno”) e alcuni brevi testi destinati e pubblicati da Spiritualità & Letteratura, nonché una straordinaria prefazione per una Antologia del Sacro, da me pubblicata. Questi materiali preziosi unitamente a delle considerazioni storiche e spirituali con la narrazione di quelle esperienze di incontro saranno oggetto di un profilo che intendo presto dedicare alla Sua Memoria viva e Santa.

Tommaso Romano

(il testo che segue, curato da me e da Giulio Palumbo, fu pubblicato per la prima volta su Spiritualità & Letteratura nel 1991 ed è stato riproposto nel volume curato da Giovanni Dino sugli Editoriali scritti da Giulio Palumbo (1936-1997) per la nostra rivista che ancora francescanamente continua a pubblicarsi e che furono editi nella collana Ercta della Provincia Regionale di Palermo nel 2006, che allora dirigevo).  
 
 

La Casa San Sergio a Settignano sorge in una zona verde e di silenzio, ben adatta a quello spirito di riposo e riflessione di cui l’uomo d’oggi e di sempre ha bisogno. Si tratta di una piccola Comunità di dieci persone. In un clima di fraternità e semplicità, essa trascorre le proprie giornate nella preghiera, nel lavoro, nello studio, nella vita comunitaria. Don Barsotti svolge i suoi molteplici impegni nel suo ampio studio. Un grande crocefisso di singolare espressività pende alla parete, posto sotto lo sguardo di chi siede al tavolo di lavoro. Una vastissima biblioteca con volumi di ogni sorta, di spiritualità e di studio, riempie tutt’intorno la stanza. Nella sala del pranzo comune, un ritratto di Mons. Giulio Facibene, una delle personalità che Don Barsotti ha frequentato familiarmente ed ha avuto modo di apprezzare. Niente radio, né televisione. Solo un ritrovare se stessi e tenersi liberi da ogni condizionamento.
D.- Quando e come è nata, Padre, questa accogliente sede della Comunità?
R.- Nel 1955 vi era qualche giovane che aspirava a vivere in Comunità insieme a me. Cercavo una sede idonea. Ero intanto cappellano delle Suore della Calsa a Firenze. Poi rimasi per sei mesi a Monte Senario, nella casetta eremitica di San Filippo Benizi. Successivamente mi venne indicata questa casa attuale e, vistala, feci il compromesso. La casa apparteneva ad una principessa rumena, una pretendente al trono di Romania, cugina di Vladimiro Ghika, di cui è in corso il processo di beatificazione come martire in Romania. Nel sessanta si aprì un’altra Comunità alla “Fornace”presso Pisa. I giovani che qui stavano, affermando di voler fare vita del tutto contemplativa, non condividevano i miei impegni nella predicazione degli Esercizi spirituali, ai quali da parte mia non intendevo rinunziare. Così si separarono da me. E da allora non si sono più mantenuti insieme tra loro. E’ stato un dramma per me, com’è testimoniato nel Diario “L’acqua e la pietra”. Così per vent’anni ho sperimentato la solitudine qui, nella Casa San Sergio. Finché nel 1985 sono venuti questi nuovi giovani, due dei quali, sono già sacerdoti, mentre altri due si preparano a diventarlo. In tutto siamo dieci. Ed altri giovani ancora dovranno venire.
D. - Quindi la consolazione dopo l’amarezza.
R. - Proprio così. Forse l’obbiezione di quei primi giovani, fortemente persuasi da qualcuno tra loro, era un pretesto per distruggere tutto.
D. - Mi pare ci siano anche delle suore nella Comunità.
R. - Sì, esistono due case di Suore, una delle quali e vicina alla nostra.
D. - Che cosa può dire dei suoi venti anni trascorsi qui da solo?
R. - Sono stati anni di studio e di preghiera. Tenevo esercizi spirituali nei monasteri specie presso i Carmelitani.
D. - Lei risolve nella ragione e nella fede i problemi dell’uomo - la morte, la solitudine - che altri non risolvono…
R. - La fede dovrebbe conoscere questa problematica ed avere in sé la capacità di risolverla. Essa
conosce il superamento della solitudine. Il Signore, infatti, è con noi. Lui era presente nei miei vent’anni di solitudine. Mi amava. Così superai la solitudine umana di cui senso a volte mi prendeva. Quanto alla morte, chi veramente crede vive al di là della morte.
D. - La realtà di Dio che ci riempie è un suo atto di fede e una sua conquista personale, come risulta da tutte le sue opere...
R. - La fede è la cosa più miracolosa. L’uomo sa di essere un nulla, un lampo. Ma crede, anzi è
certo, di essere il temine di un Amore infinito. Ecco il miracolo operato delle fede. Certo, è difficile credere. Vincere questo vertiginoso abisso che si apre all’uomo. Difficile perché le cose di
Dio non sono mai facili, ma debbono essere affrontate e superate. Anch’io potrei perdermi se Dio
non mi sostenesse. Infatti, è più facile non credere che credere. E l’uomo spesso sceglie la via più
facile. Anche ciò che insegna l”Islam è facile. “Come fa Dio ad amare l”uomo?”, esso si chiede.
E il più grande mistico musulmano fu martirizzato per aver affermato l'amore di Dio all’uomo. La
morte è il problema fondamentale. Tutto passa attraverso di essa. Anche la storia finisce. Dunque
il problema vero è la fede, che supera la prigionia del tempo. Essa sola ti rivela lo stupore e l'assurdo dell’Infinito che ti conosce e ti ha.
D. – L’eterno opposizione tra cultura e fede da tanti è vista come inevitabile. In quali termini Lei
la risolve?
R. - Per molti c’è opposizione tra cultura e fede perché si teme per la propria autonomia. Ma questo è un falso concetto. La fede infatti non è opposizione. E la natura non può stare senza fede.
D. - Quale il suo pensiero sui momenti storici attuali e sulle profezie, sui fenomeni di “apparizioni” e sui “messaggi”, oggi particolarmente abbondanti nella Chiesa? Quale il futuro che Lei prevede?
R. - Da quando Gesù ascese al cielo, la Chiesa non ha mai conosciuto tanti diretti interventi di Dio. Quindi non c’è abbandono da parte Sua verso di noi, e ciò è assicurato da tanti assidui interventi. Quanto al futuro, molti aspettano un intervento divino. E’ difficile, infatti, pensare come si possa arrivare ad una ripresa, e all’attuale situazione, attraverso le sole vie umane. Tanto tutto è stato sconvolto. E questi interventi divini fanno pensare ad una azione prossima di Dio nel mondo. Come, non sappiamo. Tali segni sono necessari per chi ha poca fede. Medugorje, ad esempio, rivela più del Concilio, attraverso le conversione anche i vescovi devono capire ciò. L”uomo è smarrito. Ed ecco che Cristo dice: «ci sono Io››. Questo è l’apparizione. Necessaria perché oggi non c’è più la testimonianza. Cinquant’anni fa o ancor più di recente c'erano grandi figure in Italia: I Card. Schustrer e Dalla Costa, Don Orione, Padre Pio. Ora è buio. Ecco la necessità di una luce. Che ci dice: Dio è con noi.
D. - Lei scrive in “Cento pensieri sull’amore”: «Il dialogo non crea l’unità, la suppone». Quindi vi è oggi anche nella Chiesa, una eccessiva o errata fiducia nel dialogo, come mezzo capace di avvicinare le tesi e le fedi più opposte.
R. - I dialoghi sono parole. Restano parole. E le divisioni egualmente rimangono. Come si realizza, infatti, l'unità? Forse col rinunciare a Cristo? Ai misteri? o con l’approdare ad una religiosità vaga? Quando saremo uno in Cristo, solo allora sapremo dialogare nella Carità e comprenderci. Solo allora saprem realizzare l’unità.
D. - Quindi solo lo Spirito realizzerà l'unità e l'ecumenismo.
R. - Esattamente. E l'unica via per arrivarci è la preghiera, attraverso la quale Egli solo realizzerà l’unità.                   (n. 16, 1991)

(intervista realizzata a San Sergio a Settignano (Firenze), condotta e realizzata insieme a Tommaso
Romano, in occasione di una visita/soggiorno spirituale unitamente a Pietro Mirabile nel 1991)

venerdì 13 febbraio 2015

L’impossibile immortalità virtuale

Il “Corriere della Sera” di domenica 8 febbraio pubblica sul suo supplemento”La Lettura”, un lungo articolo di Pietro Minto dal titolo ”Immortale? Così parlerete con il caro estinto”. Fra cronaca e pseudoscoop si evidenziano le possibili e prevedibili evoluzioni di un sito Eterni. Me elaborato al MIT di Boston, contenitore della memoria di un soggetto umano morto, che lascia ai terreni – che se ne appropriano- – tutto il possibile della propria storia e vicenda di sé: fogli di scritture, fasi dell'esistenza, comunicazioni via Internet, filmati. Il tutto consentirebbe ad un Avatar di poter decodificare e attualizzare l'estinto facendolo comunicare con i viventi. In un paio d'anni - si scrive -tutto ciò sarà reso possibile: «l'obiettivo è creare un’eredità interattiva, un modo di continuare a esistere nel futuro e non essere dimenticati». Brevi considerazioni: la memoria biografica a antibiografica è sempre utilissima da verificarsi per grandi soggetti e altrettante comparse che ci avvicendano sul teatro della vita e del mondo. Ognuno di noi lascia comunque una traccia, ma la dimensione cosmica in cui questa si dipana, non è dovuta a un atto meccanicismo come non può essere una semplice somma di cose avvenute da rielaborare. In sostanza, l'uomo si esprime, crea, distrugge, si relaziona, ama, odia, crede e sogna, ma ciò che esprimiamo resta però la parte infinitesimale di ciò che veramente siamo oltre il meccanicismo. Della relazione che, insomma, intercorre fra maschera e volto. Sarebbe un artificio, un inganno, pensare, programmando che la somma di quanto lasciato sia il vero volto e il cuore, l'anima di chi non c'è più.
Tutto però diventa sempre più virtuale e fra realtà e manipolazione artificiale si vanno sempre più creando le premesse di una "immortalità" che-a queste condizioni-non si può certo raggiungere quale vecchio sogno faustiano. L'immortalità delle opere è ben diversa da quella falsa di una pseudovita da costruire. Se, invece si pensa e si manifesta, discoprendola ad una metafisica delle opere compiute, allora si realizzerà in pieno, in segreto e\o in silenzio, la dimensione mosaicosmica.  Daremo Valore, cioè, anche in terra per chi ci seguirà a ciò che siamo stati, non solo grandi spiriti creatori e realizzatori, ma anche laboriosi e umili costruttori di vita.

lunedì 9 febbraio 2015

La riforma totalitaria della scuola, non certo bella

Pensavo tramontato il tempo della scuola del centralismo e del totalitarismo e senza spazi per la libertà della persona propri di un Makarenko.Il totalitarismo ''democratico'' impera sotto le spoglie del riformismo! L'Autonomia una volta tanto sbandierata è oggi ridotta a un nulla,un ricordo confuso di una stagione peraltro colma di demagogia rivoluzionaria e di finzioni innovative,gia' allora distruttive. Non era servita la lezione pessima delle riforme Moratti e Gelmini,dato che ora nel nome taumaturgico della ''buona'' scuola (già stabilirlo a priori che è buona suona tanto perfettismo...) la ministra Giannini,già montiana di ferro e ora renziana radicale,ci propina la sua di ricetta preconfezionata,con illusione di consultazione mediatica tanto per dire che in nome della democrazia plebiscitaria nulla si cambia.Ecco così la riforma ''efficientista'' e ragionieristica della scuola,con larvate imposizioni,norme,vincoli ,dipendenze gerarchiche onde acquisire meriti per carriere in divenire,il ritorno del tempo  pieno,l'obbligatoria ''disponibilità'' sempre in nome del risparmio e a danno dei giovani in cerca di un ruolo di professionalita' insegnante.
Voci in dissenso,tranne quelle di alcuni settori associativi e sindacali ridotti alla marginalizzazione,pari quasi a zero.
La libertà d'insegnamento teoricamente garantita dall'articolo 33 della Costituzione, basato sull'articolo 9 incentrato sullo sviluppo della cultura, è ormai nei fatti soppiantato da un dirigismo centralizzato che invoca l'uomo come prodotto sociale che,per diventare efficiente deve saper digitalizzare pittosto che sapere,professare senso critico, dare valore allo studio  e all'apprendimento, i soli e decisivi fattori della crescita umana e spirituale dei giovani. La vera alfabetizzazione e' la conquista incessante della cultura,fondamento di ogni professione,tranne che non si percepisca il disagio,la crisi di valori,lo smarrimento dei nostri giovani che  poi senza basi serie ,incolpevoli,non sapranno ben progettare ponti e strade,non sapranno curare pazienti,non sapranno prendersi insomma la responsabilita' di vivere.Fra l'altro dovrebbe esser chiaro che insegnamento e apprendimento non sono misurabili neppure con le ''competenze'' che si dovrebbero acquisire nella fantasmagorica alternanza scuola -lavoro.Se non ci si adeguera' si potra' essere considerati dei paria e ,in nome dell'eguaglianza, essere emarginati ,sottovalutati anche economicamente.Qualcuno valuterà,si dice,ma chi valuterà i valutatori.La Costituzione,sempre invocata a proposito e a sproposito,e' come un timone in Italia,dove lo si gira,va.La vera culura e' un duro pane che nasce dalla stimolazione al sapere,dalla curiosità,dal confronto,dal frequentare luoghi  deputati,in tale prospettiva riformistica tutto ciò diviene teorica possibilita',occorre infatti stare a scuola e supplire tutto il possibile,obbligatoriamente,senza scappatoie.Tutto questo in barba ai contratti di lavoro scaduti da sei anni! Ma questo non viene considerato un diritto.Se poi,poniamo,proponi un referendum sulla nuova scuola - con le firme a posto come quelle sacrosante sulla legge Fornero,naturalmente evaporate -allora si può star certi di passare per scansafatiche che vogliono solo la pensione.
Tanti altri mestieri e professioni possono essere usuranti,l'insegnamento no,dato che è roba di fortunati fannulloni, che nulla o quasi fanno e che meritano di morirci , a scuola.Anche a scapito del diritto al sapere degli studenti.

Serata organizzata dal Circolo Giacomo Giardina

Come annunciato si è svolta a Bagheria nella bella villa Galioto la serata a me dedicata. Organizzata dal circolo Giacomo Giardina, dal suo Presidente Giuseppe Bagnasco, dalla vicepresidente Paola Galioto Grisanti e dalla Confraternita dei Beati Penitenti, hanno svolto inoltre interessantissime relazioni sulla mia opera e sulla simbologia di un meraviglioso ritratto che mi rappresenta opera di Pippo Madè rispettivamente Maria Patrizia Allotta e Rita Elia. Alla Presidenza anche il maestro Carlo Puleo. Trenta Poeti con trenta poesie hanno declamato i loro versi. Il circolo mi ha offerto un bel diploma commemorativo dell' evento che si è concluso con un simpatico ricevimento offerto dalla padrona di casa Paola Galioto Grisanti
 
Foto Nino Bellia





Foto Calogero Giarrizzo

 

mercoledì 4 febbraio 2015

Lorenzo Maria Bottari e la scelta dell’arte come totalità

Pittore palermitano, il maestro Lorenzo Maria Bottari, vivente da molti anni a Milano, si è affermato in tutto il mondo come autentico interprete del colore e del sapore della nostra terra, affrontando temi e svariati cicli (molto bello quello del circo), e problemi di natura universale, con una versatilità degna di nota. Al tempo della mia lunga esperienza quale Assessore alla Cultura alla Provincia e poi al Comune di Palermo, ho avuto modo di sostenere questo Artista autentico, anche valente scultore, che veramente concepisce e professa l’arte come scelta di vita totale.
Da Renato Guttuso a Marco Valsecchi, passando per Franco Solmi, Leonardo Sciascia, Gianfranco Ravasi, Alessandro Quasimodo, Salvo Ferlito, Francesco Gallo, Rossana Bossaglia e altri, Bottari ha ricevuto e riceve meritati consensi critici, più volte sottolineati, inoltre, dalle interessanti recensioni che gli dedica Sebastiano Grasso sul “Corriere della Sera”. Anche che scrive, nel 2001, ha vergato alcune note sul Maestro siciliano, ora ripubblicate sul bel Catalogo che dà ragione del suo, impegno, dal titolo “ Lorenzo Maria Bottari. Quarant’anni vissuti con arte” con raffinata cura di Antonio Miredi, ed edito meritoriamente dal Comune di Pioltello, dove Bottari oggi vive. Mi permetto riprenderle, queste note, perché sottolineano, credo, la mia partecipe ammirazione per l’opera di Bottari. "Segno e disperata forza del colore, metafora di una profonda realtà dell'apparenza nella forma che è la cifra del dolore nel circo-vita in cui tutti i pirandellianamente recitiamo a soggetto come si conviene alle anime con l'apparente coscienza a posto. Bottari multiforme e vulcanico, caratterialmente ed espressivamente legato a terre ed esperienze plurali, richiama, forse più che altri artisti isolani, la grande forza inventiva un mitico e fiabesco scrittore siciliano dalla grande statura: Giuseppe Bonaviri. Si intrecciano Bottari gli elementi di una melanconia antica, alla strenua ricerca di una dimensione iconica in grado di soddisfare la misura della quotidianità che lo stesso dispiegarsi del disegno sapientemente e compiutamente registra nell'essenzialità".
Voglio anche segnalare, due altri volumi recentemente editi: il primo è pubblicato dal rinomato Schena editore di Fasano in Puglia, ed ha per titolo “ Dentro le quinte”, con prefazione di Alessandro Quasimodo e di Antonio Miredi.   Libro scintillante di versi, colori e memorie, di incontri e di emozioni. L’altro volume-catalogo è invece dedicato da Bottari interamente ad Alda Merini, la grande Alda la cui voce di umanissima, alta poesia tanto ci manca. Il Tributo di Bottari, con una mostra tutta dedicata alla Merini del 2013 alla Biblioteca Comunale di Pioltello, è totale, assai sincero. Disegni, fotografie, oli e tecniche miste incontrano il genio e la lucida, erasmisma follia della Merini, amica per un ventennio di Bottari, a cui pure ha dedicato versi e pensieri intensi, presenti nel catalogo.
Devo confessare che, avendo conosciuto a Milano molti anni fa la Merini, il dipinto a Lei dedicato e posto in copertina, mi appare cogliere la complessa e affascinante psicologia, gli umori, di questa donna che tanto soffrì per amore e per poesia, e di una intensità che reputo realmente come un esito assoluto del suo genio creativo, e della sua libertà ed indipendenza dalle mode, così riconciliandoci con la buona pittura, che nessun artificio potrà distruggere.