lunedì 28 settembre 2015

Il Cardinale Salvatore Pappalardo, il presule che non ebbe mai paura della mafia

di Carmelo Fucarino

Presentata a Palermo la biografia, scritta da Maria Pia Spalla, dell’ex Arcivescovo del capoluogo siciliano, Cardinale Salvatore Pappalardo, un uomo che ha segnato, in positivo, la vita della città e di tutta la Sicilia. Figura centrale, soprattutto negli anni ’80 del secolo passato, quando il piombo della mafia ammazzava, ad uno ad uno, gli uomini delle istituzioni. Tra gli intervenuti, Mario Grasso e Tommaso Romano
A Palermo era il “Cardinale”. Un grande uomo di Chiesa coraggioso e innovatore. Amato e benvoluto da tutti, l’Arcivescovo del capoluogo siciliano, Cardinale Salvatore Pappalardo, ha segnato in positivo la vita della città e della Sicilia. La sua figura è stata ricordata nei giorni scorsi a Palermo, nella prestigiosa location dell’Auditorium di Palazzo Branciforte, con un convegno promosso da Lunarionuovodi Catania, Rassegna mensile di letteratura, Gruppo Convergenze intellettuali e artistiche italiane. Un evento in due step: la presentazione della biografia saggio di Maria Pia Spalla, Mafia e responsabilità cristiana - Il grido del Cardinale S. Pappalardo, edizione Prova d’Autore, Catania 2015, e la Cerimonia di consegna del “Marranzano d’argento 2015” per la letteratura e l’operatività culturale al poeta Tommaso Romano.
Sono intervenuti il fondatore della rivista e del premio, Mario Grasso, l’editrice Nives Levan, la presidente del gruppo catanese, Giulia Sottile. Laura Rizzo, coordinatrice, ha svolto ad apertura dei lavori gli onori cerimoniali con i ringraziamenti al direttore del centro ospite e a tutti gli intervenuti. La sala piena al gran completo, con la presenza di una qualificata rappresentanza della cultura palermitana, ha attestato l’importanza del convegno.

L’iniziale intervento della giovane presidente del Lunarionuovo è servito ad illustrare le linee portanti della biografia saggio di Maria Pia Spalla. L’analisi è stata puntuale ed ha messo in evidenza gli elementi innovativi di questa indagine sulla vita di un presule che ha ribaltato il valore del magistero vescovile a Palermo, dopo l’assenza e le tante connivenze della Chiesa che si era mantenuta per secoli in una sussiegosa e distaccata superiorità chiusa nel suo palazzo e lontanissima dai bisogni e dalle aspettative del popolo. Il saggio giunge opportuno dopo il lungo ed assoluto silenzio calato per tanti anni sulla innovativa esperienza del Cardinale Pappalardo. Il testo mira, attraverso la ricerca delle fonti ufficiali degli Archivi Vaticani e anche attraverso gli appunti personali, a collocare i fatti in quegli anni di trasformazione della Chiesa palermitana e in un contesto assai tragico della città: 600 omicidi tra il 1981 e il 1983, con la lunga scia di sangue di personaggi illustri: Carlo Alberto Dalla Chiesa, Michele Reina, Piersanti Mattarella, Mario Francese e i giudici Cesare Terranova e Gaetano Costa, fino a Pio La Torre.
Il maxiprocesso alla mafia iniziato nel 1986 avrebbe segnato uno spartiacque nei giudizi sulla mafia e nella strategia della lotta a Cosa nostra. Il pesante clima della stragi mafiose aveva reso più eclatante - dopo l’era dell’Arcivescovo di Palermo, Cardinale Ruffini, “l’ultimo re delle due Sicilie” - la “scelta religiosa” montiniana di Pappalardo.
È seguita la profonda appassionata ed avvincente prolusione di Tommaso Romano, giustamente definita da Grasso una lectio humanitatis. L’analisi è stata perfetta e completa, sarebbe banale e superficiale definirla a 360 gradi, ancor più con un vacuo aggettivo sarebbe dirla “esaustiva”. Essa nella passione derivante dalla personale conoscenza dell’uomo, sia nelle funzioni istituzionali, sia anche in un rapporto privato, non ha tralasciato nessun aspetto dell’esperienza ecclesiale del Cardinale Pappalardo, uomo intensamente di rottura e di vera catechesi, alieno dai facili applausi e volto alla proclamazione della Parola in funzione sociale.
Ci sarebbe stato tanto da ricordare per chi ha vissuto quell’inizio di primavera e ha letto quel giornalino di carta lucida e bianca dal titolo criptico, già premonitore del nuovo linguaggio di sintesi mediatica, La città X l’uomo. Da professore ossequiente al codice grafico della lingua che segnavo nei compiti di greco quel x, commentandolo con un “moltiplicato?”, in quel contesto di sintagma di un titolo lo accettai quasi a volere intendere quel moltiplicarsi della città negli uomini che la componevano. Ne conservo, non so dove, ancora qualche numero, con quelle proposte di rinnovamento, di scoperta della città, di messaggio soteriologico. Tutti sapevano che era un organo politico della Curia.
Eppure non c’era repulsa o critica rancorosa. Oggi nel becero e volgare linguaggio politico sarebbe stato completamente diverso. E non fu senza significato la concomitanza della presenza del gesuita padre Bartolomeo Sorge e l’esperienza dell’Istituto di Formazione Politica Pedro Arupe, da lui fondato e animato dalle idee e dalla lungimiranza politica del gesuita e sociologo, Ennio Pintacuda, che guidarono e ispirarono la tanto conclamata “Primavera di Palermo”. Esemplari i suoi scritti che, a partire daSottosviluppo, potere culturale, mafia del 1972, giungono al celebre La scelta del 1993, che lo portò alla ribalta della cultura non solo italiana. La sua attività fu in linea con il tema di questa biografia del Cardinale e ne sviluppò tutte le tematiche (così Sud tra potere e cambiamento del 1975).
Ma non solo di questo ha parlato Tommaso Romano. Non solo di quel grido, stigmatizzato già nell’occhiello del sottotitolo del libro. Perché alla fine il libro voleva essere, sì, la biografia del Cardinale Pappalardo, la storia, come precisa il relatore, contestualizzata di un preciso periodo e di una ben definita classe politica, ma il titolo proclama ben altro, puntualizzava una questione di grande complessità ed impatto, per certi versi scandalosa anche a volerla contestualizzare all’ultimo dopo guerra. Si trattava di una questione estremamente ardua da affrontare dopo tante recise affermazioni, citava Giulia Sottile la boutade che la mafia era un detersivo, non solo di illustri intellettuali locali, ma anche delle gerarchie ecclesiastiche, nessuna esclusa, dal basso fino all’alto, colposamente connivente o semplicemente pigra e adagiata sul quieto vivere, come precisa Romano.
Il vero titolo del saggio solleva una buona volta il velo sulla secolare mistificazione: Mafia e responsabilità cristiana. Certo non grammaticalmente chiaro, in quella attribuzione, ma semanticamente pregnante, se si vuole allargare la “colpa” non solo alle gerarchie, ma anche al popolo tutto, nessuno escluso, neppure gli intellettuali isolani al gran completo. Complici forse, ma anche vittime di una prepotenza secolare, che a definirla cultura mafiosa, si offende la cultura o non se ne conosce l’essenza. Il completo ribaltamento dei termini avvenne pertanto sul piano culturale, ma anche di catechesi, di teologia (della liberazione?) di un uomo che mai volle esser politico, che nel Vangelo trovava le parole e la rivoluzione. Perché di questo si trattò a Palermo, al di là dell’appariscente e dirompente “grido” (dal liviano, “Dum Romae consulitur, Saguntum expugnatur […] povera Palermo” nell’omelia ai funerali di Della Chiesa, a San Domenico, il 4 Settembre del 1982, che un grande comunicatore avrebbe ripreso con forza ed ira (se fosse possibile) nella sua pronunzia improbabile: “Convertitevi, convertitevi, una volta verrà il Giudizio di Dio” (parliamo del celebre intervento di Papa Giovanni Paolo II ad Agrigento, il 9 Maggio del 1993).
E bandire “la rivoluzione degli onesti” è stato un processo difficile nella cosiddetta “Curia dei monsignori”o “dei separati in casa”, anche dopo il gesto eclatante della “fuga” del serafico Carpino, dopo appena due anni di cardinalato, negli anni orribili del “sacco”. Soprattutto per un uomo che aveva fatto le sue prove di diplomatico di scuola vaticana in Indonesia ed era stato sbalzato in una realtà così tragica come quella della Palermo delle quotidiane “ammazzatine”, ricordate da Tommaso Romano con la ossessiva quotidianità dei “gazzettini” mattutini.
Non c’è stato spunto di queste cento pagine del saggio che sia stato omesso nella lucida analisi di Tommaso Romano e sarebbe il caso di raccogliere il suo testo e pubblicarlo. L’autrice del saggio vi faccia un pensiero. Quello che più mi ha colpito e turbato è stato il forte richiamo a monsignor Cataldo Naro. Non ho le qualità per frequentare, come Tommaso, le alte personalità e di essere testimonio della Storia. Umilmente ho incontrato Cataldo Naro in una chiesetta di provincia intorno agli anni in cui fu consacrato Arcivescovo e abate di Monreale e fece la sua visita pastorale. Ho ammirato la sua formazione culturale, ma anche la sua umanità e il suo smisurato coraggio in una terra infame.
Ora a sostegno dell’elogio di Romano voglio ricordare nella mia diocesi di nascita il suo progetto pastorale “Santità e legalità”, in collaborazione con i comuni dell’Alto Belìce Corleonese consorzio “Sviluppo e legalità” e con l’Osservatorio per lo sviluppo e la legalità “Giuseppe La Franca”. E ancora durante la sua Presidenza della Facoltà Teologica di Sicilia le giornate del convegno sul “martirio per la giustizia” in onore di Livatino e alla morte la lectio magistralis del vescovo Vincenzo Paglia in occasione dell’assegnazione del premio postumo “Obiettivo legalità”. La cinquantina di suoi testi definiscono il livello dell’uomo di cultura.
Poi la seconda parte della serata, quella celebrativa, illustrata dalle articolate e complete motivazioni che hanno spinto il comitato e il promotore ad assegnare il prestigioso riconoscimento a Tommaso Romano, in buona compagnia con Bonaviri, Bufalino, Consolo, Fiore, Fiume, Pantaleone, Parodi, Pasqualino e tanti altri noti e di ugual spessore culturale e artistico. La sua attività svolta nella cultura palermitana e non solo non ha bisogno di illustrazioni, le sue iniziative sono a tutti note, la sua bibliografia in campo letterario, poetico, narrativo, filosofico, semplicemente divulgativo, culturale su ampio raggio, sono troppo note. Attore, promotore e animatore indefesso.
Ho stretto la mano a Mario Grasso e gli ho confessato che mi ha commosso la sua commozione, quel sentimento di adesione e di profonda simbiosi che denota realmente quello che ha definito il palpito dell’anima, la sua luminescenza radiografica. Le sue profonde divagazioni sulla vita e sulla società a partire da un uomo in carne ed ossa, fulminante e avvincente quella definizione del “mortale immortale”, un uomo che era stato ed è segno di amicizia e di purezza, di cultura e di umanità. Avrei voluto trascrivere ogni sua parola e risentirla, avrei potuto scriverla, ma non avevo carta e penna. Ma forse è stato meglio così, mi è restata la sensazione della magia nelle sue scorribande culturali, ma soprattutto umane, empaticamente personali, ma universali di Mario Grasso, un fiume di profonde riflessioni e di humanitas nel senso più specificamente ciceroniano.

venerdì 25 settembre 2015

Storia e mito in Salvatore Caputo


Il 2014 ha visto da festeggiato protagonista  - per i suoi 50 anni di fervida attività artistica – il Maestro Salvatore Caputo, con la periodica esposizione dei suoi significativi cicli pittorici, ospitati al Centro Internazionale di Etnostoria di Palermo allo Steri, presieduto autorevolmente dal Prof. Aurelio Rigoli. Una di queste retrospettive – con ulteriori opere della assai originale Ilaria Caputa, figlia del Pittore di Castell’Umberto- è stata presentata da Tommaso Romano e il cui testo è ora parte di un bel numero monografico della celebre rivista “Etnostoria” che riprendiamo integralmente. 


Sarebbe pleonastico, parlando delle opere di Salvatore Caputo, inutile, ripetere i concetti e le valutazioni estetico-critiche in tante sedi mirabil­mente esposte, ma direi anche raccontate quasi nel senso di una sequenza anche di umori, di sapori mediterranei, che non sono certamente né colo­ristici e fini a se stessi, né tantomeno marcano una dimensione che molto spesso in Caputo è stata identificata col surrealismo, sbagliando obiettivo. Quella di Caputo è una cifra assolutamente personale, come è personale il modo, il senso del vedere, del guardare con attenzione, che è quella di questa simbiosi, non solo di padre/figlia Ilaria, ma - direi - di questa sim­biosi che continua quasi miracolosamente, non nella ripetizione, piuttosto alla ricerca di una perfezione possibile. [...] È la perfezione di Ilaria che si manifesta non solo, anche se è già tanto, attraverso queste figure esemplari [che si trovano nei volumi d’arte] indici di un percorso, ma anche esem­plari, specialmente in San Francesco, di una ricerca di quella che già negli anni ottanta/novanta Aldo Gerbino, a proposito di Salvatore, definiva una “laica sacralità”, perché c’è un approccio loro, dei Caputo, che va “per li rami” quasi alchemico e misterico. Non abbiamo forse la consapevolezza di letture particolari, di sistemi filosofici a cui loro si riferiscono. È però un fatto che li riguarda, direi quasi con pudore - io conosco Salvatore da quarant’anni, mi vanto di essere amico suo - eppure è difficilissimo decli­narlo concettualmente. Esattamente come il periodo di passaggio verso la grande stagione... Sono opere che sono assolutamente foriere di una com­posizione mistico-sacrale, che ci richiamano a un realismo magico, che è un realismo che vive nei luoghi e vive anche il dissidio della dimensione umana e della stessa dimensione della “statuaria”, che è sovratemporale, atemporale. Questo che poi diventerà il motivo dominante con le figure quasi in movimento, in cui puoi scrutare, nella duplice accezione, ciò che vive nel dinamismo e ciò che vive anche nella apparente staticità. Ma che cos’è, in tale misura, la staticità? Non è affatto uno star fermi, semmai è sfidare il tempo dei barbari. Cominciano adesso ad entrare ulteriormente nella dimensione di Salvatore Caputo, nel suo viaggio interiore. E questo viaggio interiore nasce da quella “materia dei sogni” che poi però è anche un sogno complesso. Non è il sogno della bellezza soltanto, è grande con­trasto, nella grande dimensione della oniricità in cui vi è anche l’equazione del dramma. In questo senso, allora, cosa bisogna cercare e trovare? Per ottenere una cifra personale, per ottenere una realizzazione di sé dopo i contrasti, dopo le stagioni, magari, delle illusioni? Ecco, a poco a poco questi anni rappresentano - e compiutamente: vediamo quella grande ope­ra intitolata “Il giardino di Melia” - la dimensione quasi propria dell’ap­prodo, di questo cammino dove la solarità si è molto compromessa alle tenebre. Tuttavia la tenebra, come la luce, ha bisogno dell’ombra, e l’ombra della luce. Così, in questo richiamo continuo c’è l’approdo, appunto, finale, il tentativo anche di andare oltre la dimensione spazio-temporale.
"Fiori di primavera", cm 40x50, oli e acrilico su tela, 2013

In questi frammenti ci sono anche i luoghi - si pensi e si “entri” in quell’opera straordinaria “La valle” fra le più belle di questa mostra e in generale della sua produzione. Noi vi possiamo trovare tutta una serie di echi anche legati ai suoi luoghi d’origine - Castell’Umberto, naturalmente; la stessa Ucria, dove c’è del resto tutta la tradizione etnostorica del Centro Internazionale di Etnostoria - Fondazione Prof. Aurelio Rigoli, a cui Caputo ha dedicato, tra l’altro, più di una medaglia emblematica della sua grande versatilità. Primordiali, che non significano “primitivi”. Primordiali nel senso del recuperare ciò che è possibile, ciò che non deve essere annullato e sconfitto da una memoria labile. Vi è anche un richiamo ai luoghi di Lucio Piccolo, alla Piana di Capo d’Orlando, perché propri nella dimensione metafisica e onirica di Caputo, con il grande e straordi­nario cimitero dei cani, che si staglia verso l’orizzonte, la valle da un lato e il mare dall’altro. C’è questo humus, intriso naturalmente di miti: dal mito di Helias, ai miti, che ci richiamano ad antiche inquietudini. Il mito non è un dato soltanto di chiarificazione o di bellezza fine a se stesso: è un orizzonte, un raggiungimento; è sempre, comunque, una dimensione in cui vige il contrasto - gli dèi sono in contrasto, gli dèi fanno la pace, ma fanno anche la guerra - e quindi è la condizione stessa che si sublima rispetto a quella che è invece tipicamente umana, e, tuttavia, il tempo e il mistero si mischiano, quindi anche la dimensione temporale si mischia a quella del mistero. E qui già cominciamo a intravedere, rispetto ai de­cenni precedenti, una misteriosa aura che accompagna queste opere: nel silenzio che acquista una sua solennità; non solo “sacralità”; solennità. Certo, c’è il dato che ci conforta e ci appassiona dei luoghi, ma c’è anche questa straordinaria capacità di entrare e dialogare senza profferire verbo, in sintonia. Significativa è l’opera “Il collezionista”, in cui si compie una grande, straordinaria collezione di sé, dei suoi paesaggi interiori, della sua dimensione onirica, del suo mito interiore. Pensate anche a opere letterarie straordinarie, a un De Goncourt, che descrive la sua casa: mille pagine per descrivere la conoscenza di una casa! Sono tappe di una vita, tappe di una coscienza che si svela, si manifesta. E in questo troviamo la parola delle cose, il “respiro più grande”, direbbe Piccolo; ci sono gli ectoplasmi che a volte noi vediamo trasparire da queste opere; così come nelle pergamene, che per la prima volta sono esposte e sono anch’esse lacerti straordinari di una incursione nel tempo, che pure voleva distruggerle, voleva annientarle, e che Salvatore Caputo salva invece miracolosamente, lasciandoci, e lavo­rando come sa fare lui attraverso la ri-creazione di queste carte stesse, dan­do la vita nuova, direbbe Dante, con gli inchiostri di china nelle nuances, che poi si manifestano liricamente potenti attraverso le luci, le ombre, in quelle pergamene antiche che hanno, in tutto, il sapore di una storia. Ecco, la storia, che quasi si immobilizza rifiutando il dinamismo che sovente distrugge e, tuttavia, è storia vera, non una storia che vuole essere per forza citazione del “bel tempo andato”, assolutamente. È la storia che riguarda il reale, anche il presente, il suo presente. Ed è il presente anche di molti di noi che prendono vieppiù coscienza etica e intellettuale da quella idea che la pittura sia morta e debba essere confinata tra le anticaglie. È l’idea totalizzante e sbagliata del fondatore del MoMA di New York, il quale sostiene che non esiste altro che l’astrattismo. È l’idea, falsamente concet­tuale, del minimalismo, di istallazioni temporanee, effimere dell’ovvio. È la dimensione - in sostanza - dell’essere controcorrente, del ri-trovarsi, non del Tempo Mitico soltanto, ma del ritrovarsi interiore, quindi un viag­gio entronautico, che avrà poi, nella dimensione della luce e nella scoper­ta della luce, una stagione ulteriore fervidissima, che ancora noi viviamo nelle opere di Caputo. Quindi, un momento importante, di svolta, gli anni ’80 del trascorso Novecento. In questo contesto la lettura dell’opera capu- tiana è non storicista, non lineare, rimanda a un Tempo Mitico, che è il suo, e in cui ci ritroviamo anche tutti coloro che amiamo andare oltre e fuori dal banale e dal contingente. La pittura di Caputo è stata sempre un sigillo di autenticità. Stimola quasi la voglia di entrarci dentro in questi paesaggi interiori, di toccare queste statue, ancora figure, ancora donne e ancora statue non ben delineate; questi volti quasi mai accesi da lucentez­za esteriore eppure pregni di echi, di lucentezza interiore diversa rispetto a quella degli occhi, la lucentezza del profondo. Abbiamo un’esperienza di importanza capitale ricapitolando i cinquant’anni di attività mirabile di Caputo, a cui, naturalmente, noi auguriamo tanti anni ancora di ricerca e di ulteriori grandi esiti - così come alla bravissima figliola che merita ogni elogio, perché non è soltanto allieva; io proprio ho detto in “simbiosi” con questa capacità di comunicare linguaggi anche molto diversi, bravissimi a usare le tecniche, i materiali. L’arte vera è sudore, ma è anche pazienza, è silenzio, attenzione. La collezione di sé è anche la collezione delle cose che meritano di essere salvate rispetto a un mondo che, ahimè, ha poco da salvare. Tuttavia, l’arte, come sempre quando è vera, riesce a darci una chiave anche di speranza, di risolutiva salvazione.
Ci comunica, se solo siamo capaci di entrare realmente in sintonia con l’Opera d’Arte, uno Stile. Che Salvatore Caputo possiede e prodigiosa­mente ci dona.

giovedì 10 settembre 2015

Spiritualita’ & Letteratura tutti i numeri in rete e l’elenco dei Collaboratori dal 1986 al 2015

Spiritualita’ & Letteratura la rivista fondata nel 1986 da Giulio Palumbo, Pietro Mirabile e Tommaso Romano, e ora da questo diretta come collana-aperiodica dalla Fondazione Thule Cultura – www.edizionithule.it – e in rete fino al numero 85. È un importante risultato documentario che offriamo ai lettori e che si deve alla abnegazione della Ns. redazione con un grazie particolare a Giovanni Azzaretto e che mostra l’importanza di questa impresa culturale. Il blog dove leggere tutti i numeri è www.spiritualitaeletteratura.blogspot.it Sullo stesso sito verranno inseriti periodicamente i nuovi numeri della Collana di Spiritualità & Letteratura, con i numeri monografici e i tradizionali fascicoli con testi e poesie, che verranno stampati per chi ne farà richiesta a fondazionethulecultura@gmail.com
Spiritualita’ & Letteratura ha pubblicato testi di : Rosa Giovanna Abbenante, Nino Agnello, Gonzalo Alvarez Garcia, Vanessa Ambrosecchio, Franca Alaimo, Concetta Alesi, Nicola Amabile, Giovanni Amodio, Mario Ancona, Brandisio Andolfi, Elio Andriuoli, Sandro Angelucci, Lina Angioletti, J.K. Annand, Maria Adele Anselmo, Giuseppe Anziano, Ignazio Apolloni, Anna Maria Arace D’Amaro, Gianna Ardizzone, Gaetano Arnò, Francesco Aronadio, Marcella Artusio Raspo, Riccardo Ascoli, Giacinto Auriti, Fernando Bàez, Luca Balducci, Umberto Balistreri, Giuseppe Bagnasco, Ferdinando Banchini, Giorgio Barberi Squarotti, Anna Barbieri Repetti, Rosa Barbieri, Nino Barraco, Renzo Barsacchi, Divo Barsotti, Maria Gloria Bellatti, Silvio Bellezza, Luis Benitez, Rosa Berti Sabbietti, Mariella Bettarini, Maurizio Massimo Bianco, Alberta Bigagli, David Black, Francesco Bonanni di Ocre, Andrea Bonanno, Giovanni Bonanno, Enrica Bonazzi Canepa, Vincenzo Bondì, Anna Maria Bonfiglio, Neuro Bonifazi, Enrico Bonino, Virginia Bonura, Enzo Bonventre, Giuseppe Borghi, Ferruccio Brugnaro, Giuseppe Antonio Brunelli, Pierfranco Bruni, Domenico Bruno, Francesco Bruno, Gesualdo Bufalino, Salvatore Burrafato, Franco Calabrese, Salvatore Calleri, Franca Calzavacca, Francesco Camerini, Duccia Camiciotti, Marcello Camilucci, Angela Campagna, Franco Campegiani, Francesco Maria Cannella, Mariolina Cannila, Giovanni Cappuzzo, Tychon Capri, Domenico Cara, Pino Caracausi, Marina Caracciolo, Antonio Carano, Franco Cardini, Aldo Carpineti, Giuseppe Carruba, Pio Carruba, Salvatore Carta, Mariella Caruso, Gian Cristoforo Casa, Roland Catalano, Maria Clara Cataldi, Maria Giovanna Cataudella, Enzo Cavaricci, Guido Cecchi, Elena Celso Chetoni, Rossella Cerniglia, Emeterio Cerro, El-Mehdi Chaibeddera, Walter Chiappelli, Giovanni Chiellino, Francesco Civiletti, Pietro Civitareale, Dimas Coello, Pascol Colletti, Adalberto Coltelluccio, Enzo Concordi, Felice Conti, Antonio Coppola, Carmelo Maria Cortese, Vittoria Corti, Massimo Costa, Sarino Armando Costa, Lucia Gloria Costanza, Paul Courget, Crisafulli Vincenzo, Giovanni Cristini, Chantal Cros, Maurizio Cucchi, Orazio Cusumano, Sabino D’Acunto, Giovanni D’Aloe, Eusebio Dalì, Fabio Dainotti, Silvia Dai Prà, Gabriele De Giorgi, Irene De Laude Curto, Amalia De Luca, Liana De Luca, Antonio De Marco, Domenico Defelice, Silvano Demarchi, Maria Pia De Martino, Mario Dentone, Antonino De Rosalia, Gigi Dessi, Rosaria Di Donato, Enrica Di Giorgi Lombardo, Elisabetta Di Iaconi, Maria Di Lorenzo, Salvatore Di Marco, Lino Di Stefano, Ninnj Di Stefano Busà, Giovanni Dino, Giuseppe Dino, Arturo Donati, Placido D’Orto, Desmond Egan, Rita Elia, Vittoriano Esposito, Adalpina Fabra Bignardelli,  Patrizia Fanelli, Teresa Fardella, Sara Favarò, Cristina Fei, Ada Felugo, David Fernandez, Piero Ferrari, Giampiero Finocchiaro, Elio Fiore, Fernando Fabio Fiorese Furtrado, Carla Fiorino, Maria Teresa Folliero, Silvana Folliero, Bruno Forte, Giovanna Fozzer, Raffaele Francesca, Melo Freni, Andrew Frisardi, Carmelo Fucarino, Robin Fulton, Giuseppe Fumia, Giovanni Battista Gandolfo, Agostino Gandolfi, Maria Antonina Console Ganguzza, Elmys Garcia Rodriguez, Eraldo Garello, Rosario Mario Gazzelli, Brunero Gennai, Aldo Gerbino, “Getsemani” Gruppo – Palermo, Ubaldo Giacomucci, Rino Giacone, Pino Giacopelli, Renata Gianbene, Daniele Giancane, Anna Maria Giancarli, Francesco Paolo Giannilivigni, Franca Giannola, Antonino Giardina, Giuseppe Giardina, Giovanni Gigliozzi, Gianni Giorgianni, Fabio Girardello, Graziano Giudetti, Elio Giunta, Filippo Giunta,  Francesco Alberto Giunta, Duncan Glen, Giuseppe Gorlani, Rodolfo Gordini, Francesco Grisi, Sandro Gros Pietro, Francesca Guajana, Pino Guarino, Emilio Guaschino, Margherita Guidacci, Pasquale Hamel, Lance Henson, Federico Hòefer, Gianni Ianuale,  Anna Maria Ingria, Ennio Innocenti, Alfio Inserra, Gianfranco Jacobellis, Ernst Jùnger, Mitsuko Kawai, Richard Kell, Mariolina La Monica, Felice Lammardo, Franco Lanza, Liliano Lanzi, Serena Lao, Saverio La Paglia, Giuseppe La Russa, Giacinta Latino, Carmelo Lauretta, Maria Grazia Lenisa, Flavia Lepre, Salvatore Li Bassi, Enzo Li Mandri, Licia Liotta, Alejandrina Ketty Lis, Maria Teresa Liuzzo, Lidia Esther Lobaiza de Rivera,  Stefano Lo Cicero, Franco Loi, Rosario Lo Verne, Galileo Lombardi, Piero Longo, Lemus Virgilio Lòpez, Sandra Lucarelli, Luciano Luisi, Giuseppina Luongo Bartolini, Daniele Lupo, Francesca Luzzio, Giuseppe Macchiarella, Alessio Maestri, Pasquale Maffeo, Dante Maffia, Leo Magnino, Valerio Magrelli, Luigi Maniscalco Basile, Carmine Manzi, Gian Ruggero Manzoni, Riccardo Marchi, Giovanna Markus, Biagia Marniti, Antonio Martorana, Grazia Marzulli, Rosalba Masone Beltrame, Michele Massiglia, Antonio Mastropaolo, Giovanni Matta, Vito Mauro, Siro Mazza, Renzo Mazzone,  Miguel Oscar Menassa, Assunta Maria Menchinelli, Vittorio Messeri, Carmelo Mezzasalma, Guido Miano, Michele Miano, Maria Elena Mignosi Picone, Elena Milesi, Pietro Mirabile, Ester Monachino, Adriana Mondo, Vincenzo Monforte, Antonella Montalbano, Valeria Montaruli, Giovanni Monti, Pierino Montini, Franco Morandi, Massimo Morasso, Tommaso Moro, Nino Muccioli, Emanuele Muscolino, Maria Musotto, Renato Nale, Elisabetta Nascè, Maria Pina Natale, Walter Nesti, Adriana Notte, Pippo Oddo, Giancarlo Oli, Rossano Onano, Salvatore Orilia, Elisa Orsez Grillone, Padre Pio da Pietrelcina, Giuseppe Pace, Guido Pagliarino, Egle Palazzolo, Giulio Palumbo, Virginia Palumbo, Gaetano Pampallona, Roberto Panasini, Rina Pandolfo, Silvano Panunzio, Ernesto Papandrea, Salvatore Pappalardo, Gilberto Paraschiva, Pierre Pascal, Giuseppe Passamonte, Gisella Pasarelli, Domenico Passantino, Roberto Pazzi, Mike Peirano, Rosalba Pelle, Peppino Pellegrino, Guglielmo Peralta, Teresinka Pereira, Leicecy Pereira Darneles, Adriano Peritore, Raffaele Perrotta, Claudio Pestarino, Giuseppe Petralia, Luigi Picchi, Rosaria Picone, Renato Pigliacampo, Antonio, Piromalli, Carmelo Pirrera, Maria Antonietta Pirrotta, Juna Rosa Pita, Benito Juan Luis Pla, Giorgio Poli, Adrian Popescu, Hugh Probyn, Davide Puccini, Sergio Quinzio, Lionello Rabatti, Paolo Ragni, Aurora Ranieri, Antonino Rapisarda, Anna Repetti Barbieri, Aurelio Repetti, Gianni Rescigno, Rolando Revagliatti, Renzo Ricchi, Lina Riccobene, Rosaria Ines Riccobene, Franca Righi, Rolando Rivagliati, Elisa Roccazzella, Italo Rocco, Tilde Rocco, Elmys Rodriguez Garcia, Gianfranco Romagnoli, Giovanni Romano, Maria Caterina Romano, Nicola Romano, Tommaso Romano, Gabriele Romeo, Massimiliano Rosito, Christina Rossetti, Salvatore Rossi, Vincenzo Rossi, Giuseppe Rovella, Paolo Ruffilli, Peter Russell, Antonino Russo, Vincenzo Russo, Anna Maria Saccà, Giovanni Sacco, Pietro Sacco, Itala Sacco Giglio, Sebastiano Saglimbeni, Antonino Sala, Marcello Salemi, Giovanni Salerno, Gaetano Salveti, Ida Salvo, Lara Sanjakdar, Giorgio Santangelo, Mario Santoro, Benito Sarda, Michele Sarrica,  Marco Scalabrino, Giacinto Arturo Scaltriti, Adriana Scarpa, Veniero Scarselli, Emanuele Schembari, Luis Schnitann, Giuseppe Maria Sciacca, Giovanna Sciacchitano, Elvira Sciurba, Lorenzo Sena, Emilio Servadio, Giovanni Sevans, Curro Sevilla, Silvestro Silvestri, Piera Simeoni Scialanca, Mario Sciortino, Fininzia Scivittaro, Biagio Scrimizzi, Marcello Scurria, Francesca Simonetti, Susanna Soiffer, Antonio Spagnuolo, Santino Spartà, Ciro Spataro, Maria Luisa Spaziani, William Stafford, Arina Takashi, Luigi Tallarico, Orazio Tanelli, Emilio Paolo Taormina, Liliana Tedeschi, Massimiliano Testa, Selim Tietto, Francis Tiso, Teresa Titomalnlio, Patrizia Tocci, Francesco Saverio Tolone, Pino Tona, Gianluca Torti, Pino Tosca, Elide Triolo, Gilda Trisolini, Tryggve Edmond, Luca Tumminello, Domenico Turco, Fabio Tutrone, Mario Varesi, Alberto Varvaro, Turi Vasile, Piero Vassallo, Francesca Vella, Anna Ventura, Giusi Verbaro, Raymond Vettese, Vittorio Vettori, Pio Vigo, Stefano Vilardo, Gloria Weber, Simon Weil, Peter Paul Wiplinger, Carlos Chacòn Zaldivar, Lucio Zaniboni, Jose Alain Zegarra, Lucio Zinna, C. G. Zonghi Spontini, Carlos Arànguiz Zùniga.

mercoledì 9 settembre 2015

Per Mario Luzi, con una intervista inedita del 1989

I miei numerosi incontri-dialoghi, non solo palermitani, con Mario Luzi (Castello di Firenze, 20 ottobre 1914 – Firenze, 28 febbraio 2005, poeta e letterato fra i maggiori del Novecento che non ha certo bisogno di presentazioni) li debbo al poeta Elio Giunta e alla sua guida, con Mimmo Bruno e Piero Longo, del prestigioso Centro di Cultura “Giuseppe Pitrè”, che operò a Palermo intensamente nell’ultimo scorcio del secolo scorso, e di cui lo stesso Giunta, per la Ila Palma, scrisse un saggio rievocativo di gran pregio dal titolo Romanzo letterario palermitano (2011).
Conobbi Luzi alla fine degli anni settanta, ebbi corrispondenza partecipe con il grande Maestro, con cui era uso intrattenersi anche in affettuosi incontri conviviali, indimenticabili, oltre che in occasione di recitals, premi, incontri culturali, convegni, mostre (come quella dedicata a Luigi Di Giovanni dalla Elle Arte). Già con la mia prima rivistina letteraria Terra di Thule, Luzi   aveva risposto ad un questionario sulla poesia e alla sua funzione. Accanto al rapporto personale bisognerà ricordare la comunione che si instaurò con gli indimenticabili maggiori poeti palermitani della linea del sacro del gruppo di Spiritualità & Letteratura e cofondatori della stessa nostra rivista, Giulio Palumbo e Pietro Mirabile. A noi si affiancavano stabilmente Vincenzo Monforte, Carmelo Maria Cortese, letterati  di valore da qualche tempo scomparsi, nonché Giovanni Dino, poeta e allievo di Palumbo felicemente operante a Villabate. Proprio con il poeta e docente di Alia Carmelo Maria Cortese che fu. Assiduo e sodale e collaboratore specie con una ineccepibile traduzione dal greco del “Dramma Sacro nella liturgia bizantina”  molto seguita, presente Palumbo che registrava il colloquio e poi ne trascrisse il testo, incontrammo Mario Luzi il 14 luglio 1989 al Jolly hotel (così come allora era denominato il grande albergo al palermitano Foro Italico), per una intervista, meglio per un dialogo che, come può constatarsi a 26 anni di distanza, ha ancora un lucente smalto e un fondamento.
Luzi fu anche Autore, stimolato da Pietro Carriglio, di un opera teatrale dedicata all’eroico Padre Pino Puglisi, trucidato dalla mafia, dal titolo Il fiore del dolore del 2003, alla cui prima al Teatro Biondo assistetti partecipe e che ebbe un seguito l’indomani con un incontro-recitals, con la partecipazione della poetessa Caterina Trombetti, con la partecipazione dello stesso Luzi, al Ridotto dello stesso teatro.
La grande saggezza, il rigore, lo stile di Luzi convergono nel mio grato ricordo nella sua calda parola e nei suoi alti insegnamenti , insieme alla sua sconfinata ammirazione per la sua opera poetica e letteraria. Abbiamo tutti il dovere e la straordinaria possibilità di  attingere al suo straordinario magistero. Come faccio adesso, modestamente, proponendo questo bellissimo testo inedito del 1989, tutto da meditare e attualizzare. 


Di prossima pubblicazione sul numero 87 di Spiritualità & Letteratura


domenica 6 settembre 2015

41° Premio Internazionale di Poesia Città di Marineo

Il Premio Marineo è giunto quest’anno alla sua quarantunesima edizione, 41 anni durante i quali,si è guadagnato un notevole prestigio culturale nella vasta cerchia dei concorsi letterari nazionali. Il premio speciale internazionale è stato attribuito a Sebastiano Lo Monaco personalità di primo piano del teatro e del cinema contemporaneo. La carriera di Sebastiano Lo Monaco si è sempre caratterizzata per la costante presenza, al suo fianco, di grandi interpreti e registi che hanno messo in evidenza le peculiari caratteristiche di un attore appassionato e straordinario il quale da un quarantennio si divide tra teatro, TV e cinema. L’artista siciliano recentemente si è distinto per avere portato nel teatro il suo impegno civile con due opere del Presidente del Senato Pietro Grasso, Per non morire di mafia e Dopo il silenzio, dove si evidenzia la guerra non ancora completamente vinta contro la mafia e la criminalità organizzata. Con tale riconoscimento la commissione giudicatrice ha voluto riconoscere le qualità nonché la professionalità di un attore che, dopo aver calcato le scene per un quarantennio, continua a rivelarsi un protagonista nel panorama culturale contemporaneo. Apprezzamento è stato espresso, con una nota indirizzata alla Fondazione, dal Presidente del Senato Pietro Grasso per “l’attività di promozione culturale che la Fondazione Arnone svolge costantemente da tanti anni, in quanto investire sulla cultura è uno dei principali obiettivi che il nostro Paese deve perseguire tanto più in una società dell’informazione e del pluralismo culturale”. Nell’ambito della poesia edita in lingua italiana la giuria, presieduta da Salvatore Di Marco, e composta da Flora Di Legami, Giovanni Perrone, Ida Rampolla, Michela Sacco Messineo, Tommaso Romano, Ciro Spataro, ha attribuito il primo premio a Roberto Deidier per l’opera “Solstizio”, ed. Mondadori, il secondo premio ex aequo a Fabrizio Dall’Aglio per l’opera “Colori e altri colori”ed. Passigli e a Daniela Raimondi per l’opera “ Maria di Nazareth” ed. Puntoacapo, il terzo premio a Luca Nicoletti per l’opera “Comprensione del crepuscolo” ed. Passigli, è risultata finalista Maria Ebe Argenti, per l’opera “Dell’Anima e del cuore”, ed. Blu di Prussia. Nella sezione opere inedite in lingua siciliana  il primo premio è stato attribuito a Tania Fonte per la raccolta ”E’ luntana la sira”, sono risultati finalisti  i poeti  Patrizia Sardisco, con la raccolta “Cristareddu appuiatu nto ventu” ed Eligio Faldini, con la raccolta “Funtana di la me vita”. Nella sezione opere edite in lingua siciliana il primo premio ex aequo è andato  a Piero Carbone per l’opera “Lu pueta canta pi tutti”, ed. Legas, New York e ad Alfio Inserra per l’opera “Tragoedia”, ed. Pungitopo, il secondo premio a  Alessandro Giuliana per l’opera “Nun è timpu”, ed. Algra  e il terzo  premio a Filippo Giordano per l’opera “Riepitu”, ed. Youcanprint.
La Commissione ha deciso di assegnare una targa premio a Zef Chiaramonte per l’opera in lingua albanese, tradotta in italiano, “Vule uji – Marca d’acqua”, ed. Nuova Ipsa. La cerimonia di premiazione si svolgerà a Marineo Domenica 6 settembre c.a. a Piazza Castello e sarà condotta da Katiuska Falbo.
L’iniziativa, quest’anno, viene patrocinata dall’Assessorato Regionale del Turismo dello Sport e dello Spettacolo e dal Comune di Marineo.
Il Presidente della Fondazione Gioacchino Arnone  (Arch. Guido Fiduccia)