sabato 31 gennaio 2015

30 X 60 IL 4 FEBBRAIO A BAGHERIA

Il benemerito Circolo Culturale Giacomo Giardina di Bagheria e la Confraternita dei Beati Penitenti organizzano la Serata in onore di Tommaso Romano per i suoi sessanta anni con il Recitals 30x60,seconda tappa dopo la riuscitissima manifestazione del 19 gennaio u.s. svoltasi alla Sala delle Lapidi del Comune di Palermo.Interverranno il Presidente del Circolo Giuseppe Bagnasco,Maria Patrizia Allotta,Rita Elia.Partecipano i Poeti: Pia Amodeo,Vincenzo Aiello,Ignazio Balistreri,Nino Bellia,Maria Cancilla,Mariella Caruso,Antonino Causi,Palma Civello,Angela D'Amato,Michelangelo Di Lorenzo,Giovanni Dino,Cenzi Caruso,Francesco Federico,Dino Fornaro,Paola Galioto Grisanti (grazie alla Sua generosa ospitalita'),Teresa Giannone,Agata Graziano,Salvo Inserauto,Antonino Lo Piparo,Francesca Luzzio,Giovanni Mannino,Emilia Merenda,Adele Musso,Teresa Riccobono,Elena Saviano,Gloriano Solaro,Felice Talamo,Maria Rosa Tomasello,Vincenzo Vacanti,Giovanni Varisco.La manifestazione si concludera' con l'intervento di Tommaso Romano e si svolgera'  nei Saloni della Villa Coglitore-Galioto ,Via Palagonia 141, con inizio alle ore 17,00  del 4 febbraio 2015.(Vito Mauro)

venerdì 30 gennaio 2015

DISTILLARE LA PAROLA PER LA VERITA’ DEL LINGUAGGIO

 Una delle peculiari caratteristiche che seguendo la decadenza di un popolo è la perdita della nozione di verità e autenticità del linguaggio.
Ogni affermazione dettata da estemporaneità non è quindi equiparabile – solo perché allegramente e sconsideratamente pronunciata – al retto giudizio, alla meditata riflessione che si fanno parola, all’accogliente calore della limpidezza che le parole possono distillare, alle espressioni che si coniugano ai carichi e prudenti silenzi, a volte tanto eloquenti – se non più – delle stesse parole. L’imbarbarimento è proprio segnato dalla perdita di valore e di chiarezza della propria lingua. Qui, nessuno vuole ripercorrere le orme assai nefaste del Fichte, che scambia la peculiarità della lingua del popolo tedesco come superiorità dello stesso popolo, in quanto presunta lingua originaria, che avrebbe rifiutato nel tempo ogni contaminazione linguistica di altri popoli, fino a terrorizzare la famosa “ missione del detto” come filosofia indispensabile per ogni tedesco. Popolo che, malgrado spostamenti territoriali, non avrebbe intaccato la originaria purezza e saggezza. A logica conclusione di un tale percorso che certo accomunò altri Idealisti e lo stesso Hegel (con Cartesio, Rousseau e Kant già padri della dissoluzione moderna) si giunse alla follia nazista che, oggettivamente, è frutto di una elaborazione, per quanto rozza e talvolta impropria, di tali impostazioni teologico-filosofiche.
Ciò che abbonda nel linguaggio rischia la tracimazione, le parole sono a volte pesanti perché buttate giù come massi, sono espressioni superficiali e spesso prive di senso, atti gratuiti, inutili, a volte allusivi a volte di una banalità senza fondo. Anche la tendenza all’introduzione, nel linguaggio corrente, di parole straniere svilisce la bellezza della lingua, la sua profondità e complessità, verso una neolingua contaminata inutilmente o, peggio, schiava delle nuove forme di comunicazione mediatica, a cui la scuola- primariamente- non dovrebbe affatto subordinarsi, come invece colpevolmente avviene spesso.
Nel Vangelo di Matteo (5,37) si legge e si dovrebbe così in umiltà meditare: “ Ma il vostro parlare sia Sì Sì No No ciò che è in più viene dal maligno”. Non è questa la sede per l’apologia della regola delle concisione, piuttosto l’invito a non disperdere i propri talenti magari per consegnate le famose ”perle ai porci”. La grande epifania del sacro è intraducibile in umane parole e neppure ai grandi Spiriti è sempre concesso potere esprimere la bellezza dello stupore, la bellezza del reale che si tramuta in Ideale. Ancora, leggere e meditare la saggezza, tornare ai classici, riscoprire la perennità della Parola Viva, può anche voler dire che, colui che ha scritto è poco importante, rispetto al prudente contenuto: “ Non voler sapere chi l’ha detto ma poni mente a ciò che è detto” (Imitazione di Cristo).
Stupiscono negativamente le frasi fatte e ripetute, anche da chi in alto loco sta, stupiscono le approssimazioni condite da pseudoantropologia e parodia della filosofia, apparentemente infarcite di buone intenzioni (sappiamo a cosa sfociano le buone intenzioni), di una” misericordia” che si ripete ossessivamente e tanto lontana dalla modestia della Carità che resta ai più invisibile e che pure viene praticata e sperimentata da chi non vuole apparire e molto tiene invece al dono semplice e all’affinamento del proprio essere, verso quel necessario perfezionamento come Qualcuno ci ha indicato dover fare.
“ Ho scritto poco e avrei dovuto scrivere meno” affermava Cristina Campo quasi a significare l’importanza do ogni pur apparentemente semplice parola, detta o scritta.
Intanto mi autolimito anch’io, concludendo così questi spero non invadenti pensieri.

Tommaso Romano


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ThuLeggi: Pochi libri lasciano un segno profondo fra la narr...: di Tommaso Romano Il crollo della grande capacità di narrare dell’uomo, del mondo e dell’eterno, di indagare ragioni, di abbandonarsi all’im...

mercoledì 28 gennaio 2015

Una bella Poesia di Elvira Sciurba,un dono

Inaspettatamente la scrittrice Elvira Sciurba, che leggo e apprezzo,mi fa omaggio del ''Lunario di Poesia 2015'' , diretto da Antonio Porta per le Edizioni del Giano di Roma.
Alla data del 2 marzo la Sciurba pubblica la poesia
                                    ALL'AMICO TOMMASO ROMANO
                               
                        Achille,
                        vestito di dura armatura,
                        corazza alla miseria umana

                        con sapiente arma
                        di conoscenza
                        dichiari guerra aperta
                        a ignoranza e presunzione
                       e senza tregua lotti,

                       notte e dì ,

                       per portare luce di verità terrena.

                       Ma il tuo tallone è sempre lì,
                       scoperto,
                       pronto ad accogliere,
                       come fertile grembo materno,
                       vitale colpo di amore e lealtà .
Le poesie non si commentano,si leggono, se possibile si vivono e , come in questo buon caso,si comprendono con intelletto partecipe e con affettuoso pensiero,colmo di gratitudine.(T.R.)




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ThuLeggi: INTERVENTO DI ARTURO DONATI - "IL SISMOGRAFO E LA ...: Dopo aver pubblicato l' intervento di Maurizio Massimo Bianco sul libro "Il sismografo e la cometa" segnaliamo l'intervent...

domenica 25 gennaio 2015

Presentazione "Il sismografo e la cometa" (Tommaso Romano, Palermo 2014)

Come annunciato si è svolta la presentazione a Paermo,nella prestigiosa Sala delle Lapidi del Comune,del nuovo libro della collezione del mosaicosmo di Tommaso Romano ''Il sismografo e la cometa'' edito dall'ISSPE,con la partecipazione di oltre 150 ospiti.Il Consigliere Comunale avv. Giulio Cusumano ha introdotto e donato una Targa a Romano a nome della Citta',sono intervenuti Giuseppe Bagnasco,Umberto Balistreri, Maurizio Massimo Bianco,Arturo Donati,alla Presidenza Ciro Spataro,Elide Triolo,Vito Mauro,Maria Patrizia Allotta,Pippo Romeres ha letto spendidamente 30 testi lirici di poeti e 2 di Romano,mentre applauditissimo il maestro Francesco Maria Martorana ha dato un saggio di pezzi di chitarra classica fra cui uno inedito composto per Tommaso Romano.Pubblichiamo di seguito l'intervento di notevole spessore del prof. Maurizio Massimo Bianco ricercatore di lingua e letteratura latina all'Universita' di Palermo,autore di preziosi saggi e traduzioni,si occupa prevalentemente di commedia e retorica del mondo antico,nonchè di biografia,storiografia e antropologia. (Vito Mauro)






di Maurizio Massimo Bianco

Quelli di Tommaso Romano sono per così dire dei veri e propri libri a mosaico, dei metalibri, costruiti talora intorno e a premessa ad altri libri, attraverso un labirinto spesso e sorprendente di ricerche e di percorsi. Aprono curiosità, introducono ad universi paralleli, danno conferme, sviluppano revisioni.
La collana del Mosaicosmo è giunta ora al suo dodicesimo volume. Un traguardo ambizioso che dimostra come il percorso culturale di Tommaso Romano sia ancora fertile, ancora destinato a dare fruttuose interpretazioni della realtà e della sua misteriosa articolazione. Non a caso la collana è intitolata ad uno splendido neologismo, Mosaicosmo. Ne spiega molto bene il senso Ida Rampolla Del Tindaro, utilizzando gli stessi chiarimenti di T.R.: «la tessera del mosaico rappresenta […] la sintesi simbolica che la vita dell’uomo sviluppa nei suoi atti, nella sua coscienza, nella profondità del suo essere, che è unico ma fa parte di un insieme e non è mai avulso da un contesto in cui tutto, anche una particella infinitesimale come un tassello, ha un senso e si proietta verso il mistero. Ogni essere umano è dunque indispensabile nell’economia del creato e ogni uomo […] ha una sua missione da compiere». L’occhio di Tommaso Romano, guidato da sensibilità e formazione, indaga su alcune corrispondenze, per dirla in termini baudelairiani, cerca di intuire alcuni legami tra le tessere del tempio della Natura. Non si tratta mai di un lavoro di cucitura ma di uno sguardo di ricomposizione, che tiene insieme molteplicità e unità
Innanzitutto il titolo, Il sigmografo e la cometa: come talora T.R. ama fare, il titolo non è mai del tutto espressamente spiegato all’interno del volume; qualcuno, ad esempio, si continua ancora ad interrogare su cosa esattamente significhi L’isola Diamascien. Ma i titoli - ce lo insegna Genette – sono soglie, ci portano già dentro il testo, anche quando semplicemente producono interrogativi, certezze o fraintendimenti, perché un libro, prima ancora che dell’autore, è soprattutto di un lettore. Quello che subito balza all’occhio è l’ossimoro di questa espressione: da un lato c’è il sismografo che registra e presuppone il sisma, il movimento, la distruzione; dall’altro c’è la cometa che segna la strada, indica una via, dà certezze. È un ossimoro orientato in positivo, perché la cometa segue il sismografo e non il contrario: non si ignora la slavina, il clima ‘apocalittico’ (come lo definisce lo stesso T.R.), ma si consegna al lettore un’occasione, una possibilità, un percorso di salvezza. La cometa è un simbolo straordinario, sacro e profano al contempo, che riesce a riscattare con la sua aura poetica anche molti messaggi prosaici.
Il libro si articola in 5 sezioni, che in qualche modo prospettano campi di indagine diversi ma che inevitabilmente, nel quadro del mosaico, finiscono per richiamarsi tra loro.
La prima parte, intitolata LA TRADIZIONE E LA DERIVA APOCALITTICA, è aperta da un lungo saggio, inedito, sulle LINEE ANTIMODERNE PER I CAVALIERI ERRANTI DELL’IDEALE. Si tratta di un’ampia riflessione sul nostro tempo e sulle sue prospettive, in un’epoca segnata dalla crisi delle istituzioni politiche, economiche e spirituali. T.R. parla di clima apocalittico, anche se non si lascia mai tentare dal nichilismo. Contro questo quadro desolante vengono chiamati in causa, con una bella allusione donchisciottiana, i cavalieri erranti dell’ideale, ovvero quella resistenza, apocalittica e controrivoluzionaria, che è individuata, con una felice metafora, nelle microcomunità agricole degli uomini di cultura e nell’azione coraggiosa dei piccoli gruppi. T.R. non risparmia critiche, talora con sottile ironia, nemmeno ai cavalieri mancati, anche a quei Pastori di anime che, a suo avviso, hanno in qualche maniera rinunciato alla resistenza.
Al centro delle pagine di T.R. c’è proprio l’idea di progresso, che, come egli bene sottolinea, a partire dall’epoca post-illuministica si è trasformata in una vera e propria ideologia, in una sorta di fede unilaterale che, quasi secondo un fondamentalismo rovesciato, oggi non ammette infedeli: non si può non credere nel progresso. Nel saggio invece si insiste sulla necessità di un ripensamento radicale della modernità, che possa comportare una resistenza etica ma anche «spazi autarchicamente e umanamente tollerabili, anche in senso geopolitico». In questo sisma la cometa è rappresentata dal sacro; come afferma l’autore, «“Rivestirsi” di sacro è possibile, ma è anche arduo. Il sacro è comunque già nell’uomo imago Dei, è nella natura imago Dei, è nel cosmo imago Dei. Basta saperlo scrutare e coglierlo, il sacro, attraverso la direzione di pastori e guide all’altezza del compito tanto immane […] senza sincretismi e senza falsi pietismi».
La riflessione di T.R. si avvale, comunque, in maniera evidente delle sue risorse di storico e filosofo e delle sue competenze di politico. Al disastro, al terremoto, morale ed economico, si oppone una scia di luce, un percorso ideale, valido per i piccoli cavalieri ma anche per chi agisce da protagonista. A loro l’autore si rivolge nelle considerazioni conclusive: «Il protezionismo non deve essere un tabù, è la sola strada maestra possibile. Questo non significherà chiudere ermeticamente le frontiere ai nostri esportatori (pochi, in pochi settori e ormai marginali nello scacchiere mondiale) e a chi vuole introdurre i suoi prodotti in Italia. Bisognerà incoraggiare, promuovere, controllare e agevolare il mercato interno, con condizioni precise da imporre al liberismo e al mercatismo imperanti, per l’import-export».
IL SUD, L’ITALIA, LA NOSTRA STORIA: UNA NECESSARIA CHIARIFICAZIONE è il
secondo saggio della prima parte, anch’esso parzialmente inedito.
Viene chiarita l’occasione di questa riflessione, scaturita da una domanda insistente che è stata rivolta a T.R. dopo la pubblicazione del suo saggio su Vittorio Amedeo di Savoia Re di Sicilia. Lui stesso la sintetizza: come si può essere revisionisti rispetto al Risorgimento e poi scrivere un’opera sui Savoia? La riflessione che ne viene fuori è davvero straordinaria, perché non si limita soltanto a chiarire obiettivi e senso dell’indagine storiografica, che ovviamente avviene al di là delle nostre convinzioni, anzi avviene anche e soprattutto proprio fuori da ogni nostro pre-giudizio, ma diventa occasione per aprire altre interessanti considerazioni e porre nuovi quesiti. L’appartenenza, che sia essa politica, sociale o economica, non può mai portare all’ingenua illusione dell’esistenza di un sistema perfetto: e l’assenza di un bene terreno assoluto – mi si passi l’espressione – finisce per negare, in una sorta di manicheismo rovesciato, l’esistenza di un male terreno assoluto. Ci sono i buoni e i cattivi processi della storia: lo storico (ma si potrebbe aggiungere anche il politico, il filosofo) che, guidato da moralismo e partigianerie, guardasse a questi processi in maniera unidirezionale, finirebbe per tradire il suo stesso mandato scientifico. Il confronto tra alcune posizioni dei Savoia e dei Borbone, che T.R. tratteggia con una semplicità disarmante, non lascia dubbi sulla prospettiva con cui vanno misurati gli eventi e che lo stesso autore sintetizza con una definizione di Franco Cardini: «La storia, come indagine razionalmente e sistematicamente condotta su fatti, istituzioni e strutture del passato, non può essere altro che rilettura, reinterpretazione e quindi revisione continua di giudizio e di interpretazioni precedenti». Avere messo in luce le storture del processo di unificazione italiano non significa pretendere un antistorico rovesciamento degli eventi ma una più rivoluzionaria affermazione della verità storica, come necessaria per ripensarci sia oggi che domani. E come è il domani ripensato da T.R.? Ce lo dice lui stesso: «Ciò che conta, allora, è la riconquista della regalità a tutti i livelli, per ridare unità e dignità ad un popolo che l’ha perduta in quasi settanta anni di repubblica e di malgoverno, di mafie e malaffare».
Nel saggio RENDICONTI E PROSPETTIVE TRADIZIONALPOPOLARI si dipinge il bisogno di una “meta politica”, di un otium fruttuoso, che chi ha esperienza politica (e in questo caso il riferimento è alla stagione del partito Tradizional Popolare) ha il dovere di praticare. Quasi seguendo idealmente la lezione sallustiana, si evidenzia l’esigenza di mettere a disposizione il proprio patrimonio di idee ed esperienze, di vocazione e di cultura in tutti i modi possibili. «Essere lievito di progetto, prospettiva, programma, saper analizzare, formare, indirizzare non sarà - come non è stato - effimero modo di essere e agire».
Di questo patrimonio T.R. dà subito prova nel saggio successivo, dove, a partire dall’analisi di Agostino Portanova, egli riflette sulla parabola politica italiana dagli anni ottanta al primo governo Berlusconi, mettendo bene in luce tutti gli aspetti delle nostra ‘democrazia difficile’. La Seconda parte del libro è chiamata FRA STORIA, STORIOGRAFIA MUNICIPALE E BENI CULTURALI. Dietro ogni riflessione si scorge la fatica intellettuale ma si intravvedono anche le reti culturali che legano l’autore al suo territorio.
L’interesse per la simbologia emerge con evidenza in METASTORIA E SIMBOLO NEL NODO DI SALOMONE SECONDO PIPPO LO CASCIO ma anche in FARI E FANALI DI SICILIA,
dove si sottolinea la dimensione lirica dei fari, che, in analogia con la cometa, sono simbolo della luce e del giusto cammino, oltre che materia di interesse storico, architettonico, strategico.
I saggi LEONFORTE DEL SEICENTO NELLE RICERCHE DI NINO PISCIOTTA e ancora PER CRUILLAS: FRAMMENTI DI STORIA MUNICIPALE danno occasione a T.R. di rivendicare la nobiltà della storiografia municipale, ormai lontana dalle sommarie storie locali dei maestri, farmacisti e notai dall’Ottocento. Come egli stesso conferma, «la nuova Storiografia Municipale oggi è come una vera e propria scienza storica che segue… tutti i riferimenti utili alla ricostruzione della vicenda comunitaria».
Una forte convinzione, ovvero che «la cultura è anzitutto (anche nei suoi esiti concreti) anima che vive nelle cose oltre che nell’umano e nel mondo» è quella che sta alla base delle riflessioni proposte in UNA GUIDA ESSENZIALE PER I BENI CULTURALI.
Nella terza parte, dove Romano va esplicitamente ALLA RICERCA DELLA PAROLA AUTENTICA, troviamo molti saggi, brevi e ricchi.
In questa sezione T.R. dà prova della sensibilità che lo guida a leggere il panorama culturale in cui si muove. Chi sfoglia queste pagine riesce facilmente a capire come siano plurali e articolati gli interessi dell’autore, uomo di cultura ma soprattutto uomo innamorato della ‘parola autentica’, quella capace di tracciare disegni e che non rinuncia alla ricerca della verità. Molto raffinate le considerazioni sull’INIpoesia di Antonino Russo, sul profondo pathos di Stefano Lo Cicero, sulla lingua variopinta e ironica di Vito Conigliaro, sulle parole pulsanti e “scandite come lama” di Francesca Guajana e sull’opera di Dino Grammatico (“AD OGNI AVVENTO” DI DINO D’ERICE) e sulla dimensione totalizzante della poesia di quest’ultimo, intesa come poesia del ‘noi’, della coralità, che consacra il poeta come poeta dell’eticità. La lettura critica delle poesie di Michele Sarrica è, ancora, portata avanti con estrema sicurezza e sintetizzata efficacemente come frutto di un’anima sacrale, per la quale la religio è congiunzione e non laccio. Nell’opera di Pasquale Attard, T.R. vede con lucidità il tema della parusia, per mezzo della quale – come egli sottolinea - il Regno di Dio viene a congiungere i cieli e la terra.
Ancora in questa parte, volendo non trascurare nulla, equilibrato e profondo è il ritratto dell’opera di Salvatore di Marco (LE RIVISITAZIONI CRITICHE E BIOGRAFICHE DI FIGURE NOTE E DIMENTICATE DELLA CULTURA SICILIANA NELLA RICERCA LETTERARIA DI
SALVATORE DI MARCO), di cui T.R. ricostruisce formazione e interessi, dimostrando la sensibilità e la misura di chi sa esplorare anche terreni scomodi o semisconosciuti.
Romano propone in questa sezione anche una lucida lettura dell’epistolario di Salvatore Li Bassi al padre Matteo La Grua, inquadrandolo come «un viaggio interiore di purificazione, di bellezza verso la Luce», un viaggio concepito all’interno di quella dimensione cristocentrica che è alla base del pensiero libassiano. Viene sottolineato opportunamente come la «scrittura della vita non è solo un cumulo di occasioni», perché noi non siamo nel mondo per caso.
Una quarta sezione, intitolata PER CAUSA D’ARTE, mostra ancora le competenze e la passione di
T.R. per l’universo artistico e conferma, qualora ce ne fosse bisogno, la grande versatilità dei suoi interessi. Chi ha frequentato il suo studio non fatica a comprendere come per Tommaso Romano non sia davvero possibile creare barriere tra arte e storia, tra poesia e filosofia, tra formazione e politica: tutto si sintetizza nella sua sete di conoscenza, che non è mai sterile ma concepita sempre come condivisione di spazi, come occasione per capirsi e per capire. In questa parte troviamo riflessioni su Giuseppe di Giovanni, dove il tema della luce viene interpretato anche come proiezione metafisica, su Angelo Denaro, di cui viene ricostruito tutto il percorso artistico, sui disegni di Giuseppe Alletto, sui ‘santini, di cui si coglie il valore spirituale, culturale ed etnoantropologico, sulla raccolta fotografica di Umberto Balistreri dedicata ad un’Aspra policroma.
Un’ultima sezione è poi dedicata a quelli che T.R., con un titolo ad effetto, chiama FIGURE E PERSONAGGI NEL CAMMINO. In questo universo ritroviamo pagine indirizzate a Francesco Brancato, Michele Pantaleone, Renzo Mazzone, Francesco Carbone, Ludovico Gippetto, Sergio Ceccotti.
Il libro è chiuso da un denso saggio di IDA RAMPOLLA DEL TINDARO, che ricostruisce con lucidità il percorso bibliografico, e quindi intellettuale, dell’autore.
Per chiudere questa breve scheda, mi piace utilizzare un’affermazione contenuta in questo stesso volume, un’affermazione che bene traduce il senso e lo spirito della comunione intellettuale, della circolazione di idee, della condivisione di saperi che da sempre guidano l’azione culturale di T.R., convinto che solo i fili bene intrecciati producono un ottimo tessuto.
«Ciò che connota una comunità sono i legami, non solo di nascita o parentali ma anche di intendimenti, stili e memorie. La comunità, infatti, non è un semplice agglomerato confuso e indistinto, indifferente e freddo a ciò che si muove, germoglia o perisce. Certamente è molto di più. È un destino comune, direi, che costruisce ponti e non cinte murarie, che si riconosce nell’auspicare il meglio per la polis, nella sua totale interezza, che ha una fede uguale, una speranza profonda, una solidarietà operosa, vigile».

mercoledì 21 gennaio 2015

GIUNTA SICILIANA DI TRADIZIONE PATRIA E PREMIO “SIGILLUM” – VITTORIO AMEDEO RE DI SICILIA -

Il 14 del mese di Ottobre 2013, nel Trecentesimo Anniversario dell’incoronazione di S.M. Vittorio Amedeo di Savoia, Re di Sicilia, si riunirono nella Sede della Fondazione Thule Cultura in Palermo, Palazzo Moretti Romano, i Fondatori: Prof. Tommaso Romano, Avv. Michele Pivetti Gagliardi, Cav. Francesco D’Appolito, che decisero il formarsi di una “Giunta Siciliana di Tradizione Patria” (G.S.T.P.) per la diffusione, conoscenza e sensibilizzazione della Storia di Sicilia, del Meridione e d’Italia, alla luce dei valori spirituali, culturali e di libertà di ricerca, da affermare con la fedeltà, lo studio, per la restaurazione dell’ordine civile e la perseveranza intellettuale, nonché con l’azione culturale, in ogni dominio, attese le urgenze dell’ora presente e la crescente perdita di identità e memoria.
In tale realtà la G.S.T.S. sviluppa, i suoi fini con Convegni, Seminari, attribuzioni di Borse di Studio, Conferenze, Pubblicazioni.
I Fondatori, che possono cooptare altri componenti a far parte dell’organismo e della giuria, designano e premiano con il “Sigillum” e altri eventuali riconoscimenti, i meritevoli, a giudizio insindacabile, che verranno iscritti in apposito Albo dei Soci d’Onore.
Lo stemma associativo è quello adottato dal Re Vittorio Amedeo II durante il Suo Regno nell’isola (1713-1719, formalmente fino al 1720).
La Sede è in Palermo e le manifestazioni associative e le attribuzioni onorifiche potranno svolgersi in ogni luogo di Sicilia. Protettore è invocato San Bernardo di Chiaravalle. Viene istituito – facendo Memoria dell’incoronazione a Re di Sicilia di S.M. Vittorio Amedeo di Savoia (1713) – un Sigillum, Premio Biennale e riconoscimento per tutti coloro che si sono resi meritevoli per gli Studi Storici, per la Fedeltà alle Tradizioni morali e dinastiche, per l’Arte, la Letteratura, la Scienza.
La prima solenne Cerimonia di Consegna del Sigillum si è svolta nella Sala Congressi dell’Hotel Addaura di Palermo nel mese di novembre 2013. Gli insigniti sono stati: Avv. Sen. Alessandro Sacchi; On. Avv. Enzo Trantino; On. Avv. Guido Lo Porto; Gen. Dott. Gaetano Failla; Barone Avv. Giulio Tramontana; Avv. Gaetano Ennio Palmigiano; Prof. Antonio Martorana; Prof.ssa Maria Patrizia Allotta; Maestro Stefano Lo Cicero; Prof. Umberto Balistreri; Prof.ssa Maria Elena Mignosi Picone; N.D. Sig.ra Lia Palazzolo Di Stefano; Conte Prof. Vincenzo Fardella de Quernfort; Dott. Giuseppe Navarra; Dott. Lorenzo Elia; Avv. Sergio Pivetti; Dott. Alfredo Oneto.
L’edizione 2015 si svolge Sabato 24 Gennaio 2015 alle ore 17:00 nell’Aula Fici dell’Ospedale Cervello via Trabucco 180 di Palermo, in occasione della Manifestazione indetta dall’Istituto Nazionale per la Guardia d’Onore alle Reali Tombe del Pantheon e dalla G.S.T.P.
La Commissione del “Premio Sigillum – Vittorio Amedeo Re di Sicilia“, composta da Tommaso Romano, Franco D’Appolito, Michele Pivetti Gagliardi, Umberto Balistreri, Giuseppe Bagnasco, ha assegnato i Premi Internazionali a: S.E. Dott. Amadeo-Martín Rey y Cabieses; S.E. Dott. Alfonso Giordano; Gen. Dott. Alberico Lo Faso di Serradifalco; Dott. Giuseppe Maria Salvatore Grifeo di Partanna; I Premi Nazionali sono stati assegnati a: Prof. Domenico Lo Iacono; Prof. Pasquale Hamel; Geom. Vito Mauro; Dott. Giuseppe Avezzano; Prof. Aurelio Maggio; Dott. Sergio Mangano; Leonardo Gentile.
Il ricavato della vendita del volume di memorie di Leonardo Gentile e le donazioni verranno interamente devolute all’Associazione per la ricerca contro la Talassemia” Campus Piera Cutino”. Segnaliamo particolarmente questa iniziativa che dà un valore aggiunto alle finalità anche umanistiche del Premio Sigillum e della manifestazione.

lunedì 19 gennaio 2015

La mamma, il pugno, il Papa

Se il livello culturale e di sensibilità fosse di sereno confronto, non staremmo certo a parlare – come sempre dopo un certo tempo, per evitare di mischiarci con le convulse e affrettate opinioni – di una frase ormai stranota pronunciata da Papa Francesco, sulla mamma e sul pugno, che lo stesso Bergoglio darebbe a chi ne parlasse male. Pugno, diciamolo, alla Don Camillo, cioè più metaforico che reale e tuttavia, almeno stavolta figurato come sanguigno e virile esattamente alla pari di come concepiva il grandissimo Giovannino Guareschi (che fa parte del mio Pantheon letterario e civile).
L’alluvione di commenti fuorvianti dal tema, che il Papa ha voluto semplificare ma con una certa efficacia, ripropone in realtà la questione della offesa alle religioni e a ciò che una parte dell’umanità crede Sacro. A diritto, direi. Si, perché la sfera dell’intangibile per chi crede, non va derisa, e ci vuole rispetto, sempre e da parte di tutti. È ovvio, e lo ripeto rispetto a ciò che ho già scritto, che nessuno e per nessuna ragione può togliere la vita ad un altro uomo, neppure per vignette che di satirico – a mio avviso – hanno proprio poco. Sia che si offenda Maometto sia che si denigri Cristo. Lo Stato moderno, il grande assente, è composto oggi di tanti piccoli Pilato in serie, si lava le manie depenalizza, cancella il vilipendio a Dio (tranne che buttare in galera – in Francia – chi eventualmente bruciasse il tricolore rivoluzionario o tranne che parlar male del Presidente della Repubblica, vilipendio) o sostenere – razionalmente – che la sovranità del popolo, sempre invocata e mai predicata dai potenti, dovesse fermarsi sulla soglia invalicabile dell’impossibilità di pervenire ad una nuova forma istituzionale. In sostanza: una Repubblica come quella italiana non può che essere incontroversibile, indiscutibile, inamovibile e quindi in eterno immutabile (art. 139). Bel libertarismo!
Ora, un Papa che invoca il rispetto, di un tratto parlando anche di relativismo e citando Benedetto XVI, diventa oscurantista, gesuita come si diceva in modo sprezzante un tempo, e ancora doppiogiochista.
Insomma, questo Francesco Papa (che è un Dottore Ordinario quando parla, e quindi non certo infallibile, lo è solo infallibile quando solennemente proclama verità di fede) che pure non è esente da numerose critiche e rilievi, per molte giravolte diciamo ”ardite”, quando si rifà al senso comune, in fondo richiama anche il Cristo che non piace ai pacifisti ad oltranza e cioè a Colui che scaccia i mercanti dal tempio, non certo col borotalco e che non è soltanto l’apostolo che deve dover porgere sempre “l’altra guancia”.
E quello stesso Cristo che, perdonando e con misericordia, invoca il non ripetersi dell’errore, del male, del peccato verso Dio e i Suoi Comandamenti, fra cui certo non ci vuole certo Roberto Benigni a ricordarci che non bisogna nominare il Nome di Dio in vano. Se poi si ricordano i precetti, gli ordini del Testamento Antico, ecco riaffiorare un razzismo latente e inconfessato: gli Ebrei Ortodossi sbagliano ancora a rifarsi alla Bibbia, si aggiornino perfino i Laras che sostengono le proprie convinzioni dettate dalle Scritture. Strano modo di dare” consigli” che sono più come ordini imperativi, a conferma che costoro giudicano, eccome!
Si dice, che la libertà non deve avere limiti e nè confini è sempre in modo monotono, che è “Vietato vietare” (come si scriveva sui muri “ radioso” ’68 proprio a Parigi). Se uno Stato è Agnostico, non può non tutelare chi agnostico non è, fosse pure una minoranza che lo richieda. Perché il bene comune non presuppone, mai, la dittatura di una presunta maggioranza su una tutta da verificare minoranza. È un tragico film già visto con l’assolutismo e le dittatura che oggi si ripete “ morbidamente”. Dovrebbe essere il tanto osannato Illuminismo ha sostenere le ragioni del dissenso, in realtà oggi vige il pensiero unico planetario del politicamente corretto, e pure difendere la famiglia naturale è oggi quasi un reato. Allora, o uniformarsi o perire, sempre in nome della famosa “ libertà”. Una nota positiva ancora da registrare e segnalare: Mario Adinolfi, uno dei fondatori del PD, stampa un libro Voglio la mamma, e gira per l’Italia diffondendolo, costituendo gruppi e comitati. Osa perfino mettere in discussione le parole d’ordine del progressismo e addirittura fonda un quotidiano “ La Croce”, che è già atto esso stesso di coraggio, specie con quel titolo. Auguri ad Adinolfi e al suo schierarsi per la vita, davanti a tanti dialoganti pieni di scrupoli e vogliosi sempre di apparire “avanti “ rispetto a ciò che invece non può ammettere cedimenti, anche fra tante porpore e teologi della Domenica, spacciati per grandi menti.
Rifletta anche Papa Francesco: finche si sta sul “ vogliamoci bene” indistinto c’è l’applauso, appena si dicono delle frasi che suonano come scorrette, perfino sulla Mamma… e in funzione di esempio pedagogico e metaforico, ecco uscir fuori i denti a tanti già plaudenti, che vorrebbero , al massimo, le catacombe fisiche per coloro che ancora professano il pensiero libero (non il libero pensiero), naturale e reale. Catacombe in cui in realtà in non pochi ci troviamo

Tommaso Romano

giovedì 15 gennaio 2015

Presentazione del volume di Vito Lo Scrudato ''Le porte di Camico Soprana'' edito da Vittorietti

Sono lieto invitarvi venerdì 16 Gennaio alle ore 17,30 alla Libreria Macaione di via Marchese di Villabianca,dove presenteremo con Bernardo Puleio, per la seconda volta, il volume di narrazioni di Vito Lo Scrudato ''Le porte di Camico Soprana'' edito da Vittorietti, con belle illustrazioni del maestro Gaetano Porcasi.Fra memoria,ironia e considerazioni sul tempo, la condizione umana e la storia,Lo Scrudato racconta con arguzia e capacita' affabulante, delle virtu' e dei vizi della provincia profonda,con un misto di ironia e dolore,sullo sfondo dei paesaggi di Sicilia. Lo scorso anno,ho avuto il piacere di premiare,insieme con la Giuria del Premio Ninni Cassara',a Carini, con una Targa Speciale dedicata al compianto Professore ed Amico Antonino De Rosalia,proprio  Lo Srudato e  questo suo bel libro.

mercoledì 14 gennaio 2015

Note tra Apocalisse e Parusia

Mentre le notizie di morte non si fermano, in una impossibile gerarchia di atrocità, andiamo alla rinnovata ferocia di teste mozzate, di bambini kamikaze, di esecutori minorenni di condanne a morte.
L’Apocalisse, con buona pace di buonisti ad oltranza che non conoscono neppure minimamente le radici della violenza e del terrore, è fra noi. Non prenderne atto è come credere ancora che la tecnologia, il progresso, le marce e le discussioni, la scienza e i lumi razionalistici, la pace universale  e l’ONU, potranno salvarci. Ciò che settanta anni fa, fu una tragedia epocale, come la Shoah, si è ripetuta con le fosse di Katyn, con la bomba atomica, con la strage degli innocenti nel seno materno, con l’eugenetica ideologica, con il capovolgimento della natura e dei suoi diritti, con mille e mille guerre locali.
Che pensare, che fare? Amalgamare nell’indistinto è un atto di nolontà più che di volontà. Perché il genere umano non si fonda su prediche universalistiche e astratte, condite di buoni propositi che poco o nulla cambiano. L’uomo non nasce buono come vorrebbe un Rousseau e non diventa cattivo grazie alla “società”, l’uomo  non può cambiare radicalmente neppure violentandolo nella sua natura a un fine pseudobuono. Al massimo si può autoannichilire. Tanto c’è sempre chi veglia  e agisce. 
Convertire tutti a Cristo è e sarebbe la via maestra, ma convertirci tutti alla marmellata universale dove atei e cristiani, panteisti e musulmani, razionalisti e agnostici si possano incontrare per un mondo pacificato è purtroppo irrealistico e quindi proroga e non  e estirpa il male, in vista di un bene ipotetico quanto utopico. E poi con buona credulità di falsi ingenui, l’amicizia tra poveri o potenti, porta troppo spesso in grembo le armi di morte.
Forse ci vorrebbe un nuovo Dante, capace di riscrivere un De Monarchia modello per i nostri tempi, e cercare così un pacificatore autorevole e universale. Ma anche questo potrebbe risultare alla fine una bella speranza, una esercitazione letteraria o poco più. Eppure all’uomo che ha rinnegato Dio e la sua Legge Eterna, dovrebbe riproporsi, senza se e senza ma, il Cristo-Verità, non un profeta qualunque ma la Verità.
Se infatti l’Incarnazione non è la Verità, che ci redime e ci salva, se il Verbo fattosi carne è alla stregua di tanti messaggeri, più o meno saggi venuti in terra, se Legge e peccato sono  dei relativi mutabili, la Verità non si riconoscerà certamente. E se non esiste il criterio della Verità, che è liberta e limite, tutto allora sarà, come in effetti è, permesso. Anche di ammazzare in nome di un dio, dell’onnipotenza umana o della dea ragione.
Ecco perché siamo certi che, alla fine di questi tempi oscuri, la Parusia, il ritorno di Cristo in terra, sarà.
A questo Evento soprannaturale, purificandoci individualmente, dobbiamo prepararci.

Tommaso Romano    


martedì 13 gennaio 2015

Si presenta "Il sismografo e la cometa"

Un Comitato di Amici – o meglio come si è autodefinita una Confraternita- si è costituito per presentare e festeggiare le mie ultime produzioni letterarie e per realizzare dei Recitals di Poesia. Il primo di questi appuntamenti si svolge a Palermo nelle sala delle Lapidi del Comune alle ore 17:00 di Lunedì 19 Gennaio 2015 introduzioni di Umberto Balistreri e del Consigliere Comunale Avv. Giulio Cusumano. Interventi dei Professori Ida Rampolla del Tindaro, Maurizio Massimo Bianco, Arturo Donati, che presenteranno il nuovo volume, XII della Collezione del Mosaicosmo edita dall’ ‘ISSPE, dal titolo “ Il sismografo e la cometa”, con una bellissima copertina realizzata appositamente dal Maestro Pippo Madè. Il Volume sarà dato in omaggio a tutti i presenti. Interventi musicali del Maestro Francesco Maria Martorana, Pippo Romeres (la “voce” della radio siciliana) leggerà testi degli scrittori e poeti riuniti per l’occasione nel simbolico e augurale titolo 30 X 60: Nino Agnello, Maria Patrizia Allotta, Francesco Gonzalo Alvarez, Gonzalo Alvarez Garcia, Pasquale Attard, Giuseppe Bagnasco, Adalpina Fabra Bignardelli, Francesco Bruno, Rita Elia, Carmelo Fucarino, Francesco Paolo Giannilivigni,  Alfonso Giordano, Saverio La Paglia, Serena Lao, Stefano Lo Cicero, Giusi Lombardo, Anna Lupo, Antonio Martorana, Giovanni Matta, Vito Mauro, Maria Elena Mignosi Picone, Maria Rosaria Mutolo, Guglielmo Peralta, Elisa Roccazzella, Nicola Romano, Michele Sarrica, Elvira Sciurba, Marcello Scurria, Ciro Spataro, Elide Triolo. Naturalmente, Vi attendo cordialmente.    

giovedì 8 gennaio 2015

Dopo Parigi: il dolore e la ragione

Dopo l’alluvione di banalità dette per mettere a tacere la propria invertebrata inconsistenza, brevi considerazioni sulla immane, ingiustificabile tragedia parigina: la vita umana è sempre e comunque intoccabile, a nessuno e per nessuna ragione è dato toglierla. Ciò non consente di permettere impunemente, reiteratamente, l’offesa a ciò che Sacro si ritiene. In nome della libertà assoluta senza freni e rispetto c’è il vuoto pneumatico, il caos esistenziale, la perdita della nozione di limite. Certo né con le parole, né con il lassismo si difendono i popoli e si governano gli Stati. Se sentiamo paura e pericolo di morte, vedendo tanta violenza planetaria, è perché l’intelletto, è in pericolo di morte, perché le radici si atrofizzano, le identità si annebbiano è quasi si cancellano. 
L’Anima non si nutre di solo pane, mentre l’indifferenza e il nichilismo avanzano.

martedì 6 gennaio 2015

Lettera di Lucio Zinna sul caso Messori-Boff

Lucio Zinna e' uno dei massimi scrittori italiani, poeta, saggista, critico, narratore, direttore di ''Arenaia'' e animatore di alta cultura. Debbo molto alla sua Opera e alle preziose introduzioni a ben quattro fra le mie raccolte poetiche edite. Dal canto mio rivendico il privilegio di un magistero costante e dell'aver acconsentito a pubblicare con Thule e ISSPE due libri suoi, oltre una costante ed elevata collaborazione a ''Terra di Thule'', ''Spiritualita' & letteratura'' ecc. Dopo aver pubblicato in questo blog l'articolo su Messori-Boff, ho chiesto un autorevole parere a Zinna che mi ha inviato l'autorevole testo che mi appresto a pubblicare subito, ringraziandolo molto. Il blog va costantemente crescendo nei contatti e a tutti infine ricordo quanto scritto nell'editoriale, non si possono inserire commenti per mia scelta ( a tal proposito ringrazio in particolare Francesco Scorsone e Domenico Bonvegna) ma ovviamente molto gradite sono le mail, a cui singolarmente risponderò.


Caro Tommaso,

ho letto il tuo articolo su Messori e Boff nel tuo nuovo blog (“MosaicosmoRomano”). Non ho avuto occasione di leggere né l’articolo di Messori né quello di Boff, il che mi impedisce di entrare nel merito con piena cognizione di causa. Ma posso entrare nel merito delle tue osservazioni, che vanno oltre lo spunto da cui traggono origine. Aderendo volentieri alla tua richiesta, ti esprimo le mie considerazioni, a caldo.
Si nota, nel tuo scritto, la preoccupazione del cristiano sincero per la scarsa tutela (e autotutela) oggi riguardante il mondo cristiano nel suo complesso. Non sono preoccupazioni campate in aria. Il problema esiste, non da ora. In pericolo mi pare non è solo “la cristianità”, ma con essa la nostra cultura e la nostra civiltà. Mondo cristiano e civiltà occidentale sono talmente connaturati e intrisi che non può traballare il primo senza che traballino anche le seconde (e viceversa). Un segno grave è stato, storicamente, quello della c.d. Europa unita (“unita”?), allorché si rifiutò l’accenno alle radici cristiane di essa in fase di elaborazione della Costituzione della Comunità. Un’Europa ibrida e indecisa a tutto, tranne che nelle “stringhe” economiche per i paesi in difficoltà, con il suo (ormai noto) scarso solidarismo. Circa cinque anni fa ho scritto una poesia (“Ode sghemba per la vecchia Europa”, poi pubblicata in antologia), in cui facevo riferimento, fra l’altro, allo svuotamento delle chiese, su cui si concentra anche il tuo articolo (allego, per tua conoscenza, il testo, dalla mia raccolta inedita “Le ore salvate”, parte seconda intitolata “Cronache del malumore”).
Mi pare che la Chiesa stia attraversando uno dei (non pochi) periodi difficili della sua millenaria storia, soggetta a vari accerchiamenti. La Chiesa di oggi è a un bivio. Non può starsene immobile e non può correre a perdifiato. Né correre per compiacenza o per quieto vivere (il messaggio di Cristo è piuttosto per l’inquieto vivere, purché consapevole). Diceva don Luigi Sturzo: “O la Chiesa camminerà coi tempi o i tempi cammineranno anche senza la Chiesa”. Verissimo. A condizione, bisogna aggiungere, che essa non cammini coi tempi qualunque cosa convenga ai tempi. L’immobilismo è pericoloso, ma non lo sono di meno le fughe in avanti, le compiacenze gratuite etc.
Tutti abbiamo notato che Papa Francesco, nel suo recente viaggio in Turchia, è andato a pregare in moschea: un gesto distensivo, colloquiale. Qualcuno s’è accorto che nessun rappresentante islamico lo accompagnò nella sua visita all’ex basilica di Santa Sofia, anche se lì non era obbligatorio pregare, trattandosi ormai di un “museo”? Qualcuno si è soffermato sul fatto che una scrittrice e professoressa turca, di religione islamica, invitata a fare da interprete, era stata, non molto tempo dopo, accusata di aver tradito l’Islam per aver aderito all’invito? La scrittrice ha dovuto smentire e precisare che il suo era stato soltanto un fatto di natura professionale.
Il timore è che si sia ormai entrati in un’epoca di post-cristianesimo e ne sono indici inquietanti il “calo planetario”, come tu lo chiami, della frequenza alle Messe e ai Sacramenti, lo spostamento, come tu osservi, dell’asse, in Sud America (il più grande bacino cattolico nel mondo) verso evangelici e pentecostali (ma fino a qui, siamo ancora in ambito cristiano). Non vanno ignorati spopolamento e abbandono di conventi e monasteri, le molte chiese chiuse ed esposte al degrado, la crisi delle vocazioni etc. Ma anche la pressione (armata) di un’ampia fetta dell’Islam intransigente (con il silenzio dell’Islam moderato, fatte salve alcune ammirevoli eccezioni), la persecuzione di cristiani nel Medio Oriente e in alcune aree dell’Africa, eccetera. Quanto può aver influito o influisca, in tanta pressione, la constatazione della debolezza interna della Chiesa, considerata come momento storicamente opportuno per dar vita a meccanismi opposti a quelli del dialogo? Anche l’Islam è religione di pace; perché a tener campo sono sempre gli intransigenti?
Quale la strada giusta?
Credo che occorra coraggio nel dire pane al pane e vino al vino. Ne abbiano, di coraggio, la Chiesa, l’Europa, i cristiani, gli uomini di buona volontà, insomma coloro che pensano in proprio, non fermandosi alle apparenze. E che, come te, fanno caso a certi fenomeni, anche quando non appaiano di primo piano. Boff e altri. E (perché no?) anche la sparizione di presepi nelle scuole o la rimozione di crocifissi in locali pubblici: per apparire sufficientemente laici. Ma un vero laico non può che essere tollerante: se non tollera un crocifisso, cioè il simbolo di chi predicò l’amore e fu condannato a morte, come potrà dirsi “tollerante” e quindi autenticamente “laico”? Un crocifisso è qualcosa di più di un simbolo religioso, è simbolo della nostra civiltà.
Ti saluto con tutta cordialità, rinnovandoti i miei auguri per il nuovo anno e per le tue iniziative

Lucio Zinna


Ode sghemba per la vecchia Europa

Questo sciame di popoli occidentali che partì per volare sopra la storia dalle rovine del mondo antico si è caratterizzato sempre per una duale forma di vita. […]Questo destino, che li faceva, nello stesso tempo, progressivamente omogenei e progressivamente diversi, deve intendersi con un certo grado di paradosso. Poiché in essi l’omogeneità non fu aliena dalla diversità. Al contrario, ogni principio uniforme rendeva fertile la diversità.
 
José Ortega y Gasset, Meditacion de Europa.



Che fai –  Europa –  dove la sabbia
declina verso il mare  e al sole non ti sdrai
né avanzi fino a che l’onda ti lambisca i piedi?


Cerchi di risorgere nella memore
distanza di battaglie vinte e perse
di guerre guerreggiate con bandiere
sofferenze e lutti. Ostenti i tuoi tesori
nello sfarzo dei palazzi nei musei
del mondo negli scaffali di biblioteche
nelle teche di archivi. Nell’oroargento
delle cattedrali dalle guglie di ascensionale
impertinenza nelle policrome vetrate
nella voce di bronzo di mille chiese
che lentamente si spopolano mentre
filtrano progetti di califfato universale.
Tuoi vicoli non sono ciechi ma è luce riflessa.
Cancella l’immagine di nobildonna
decaduta che nel salone volteggia
(suona l’orchestrina il transatlantico
scivola al suo algido scoglio) non crearti
l’alibi di un ancien régime che crede di cedere
all’urto rivoluzionario e cade per suicidio.
Non lasciarti travolgere dal vento dell’euro
sprigionato gabbando Eolo non restartene
tra Euro e Noto come in classici poemi
accura a questa  ventosa moneta a ventosa –
di banchieri non di popoli – che multipla
non è e non è unica. Non si camuffano
banconote per balli in maschera.
Guardati dalle fughe in avanti e a ritroso
mia commovente Europa rompicoglioni
non sei ancora un continente alla deriva.
Non essere il tuo ibrido signora che ti sai
anziana e ancora vitale e ti annachi
in una bascula perenne.
Una vita si può vivere  sotto un ponte
come insegnano i clochard
non si può stirarla standoci sopra
non traversando né tornando indietro.
                                                                       Lucio Zinna

domenica 4 gennaio 2015

Il cattolico Messori e il giudice Boff

E' veramente paradossale leggere sul Corriere della Sera di oggi 4 gennaio 2015 , la ''risposta'' che Leonardo Boff  ''teologo'' per autodefinizione e perché appartenente alla schiera della c.d. ''teologia della liberazione'',ha inteso dare a Vittorio Messori per il suo articolo del 24 dicembre 2014 apparso sullo stesso quotidiano,che ospita il noto e autorevole saggista cattolico italiano,come collaboratore stabile.
Messori scrive un articolo moderato nella forma,come suo stile,ma colmo di interrogativi,di perplessita',forse di smarrimento,oltre a non banali apprezzamenti per il pontificato di Francesco.
 Lontanissimo da estremismi inconcludenti o da posizioni neosedevacantiste,Messori riflette sui gesti ''rivoluzionari'' del Papa,e lo fa non per amore di vuota polemica,ma onorando la consegna battesimale che gli appartiene in pieno.Per i progressisti come Boff,infatti,chi esprime dissensi e opinioni (sempre in nome della ''liberta' '' e della ''liberazione'') e' sempre una sorta di infante da erudire e che,testuale,''deve ancora portare a termine il suo processo di conversione'' giudicando persino l'azione dello Spirito Santo (ma Francesco non aveva detto ''ma io chi sono per giudicare?'').
 Boff,ex francescano,che molti chierici e laici e del suo stesso ex Ordine ,hanno continuato a seguire come un profeta,anche quando ''richiamato''per le sue posizioni ,queste sì estreme,sulla libera interpretazione del cristianesimo,dell'autorita' (che non vale quando conviene),della morale,del socialismo e dello stesso primato,richiamando, ora,giustamente,il suo libro ''Chiesa ,carisma e potere'',che l'allora cardinale Ratzinger molto apostrofo' e stigmatizzo'.
 Bene,Boff e tanti altri come lui liberi,ora,di aprirsi a vele spiegate con il loro autentico modernismo èradicale (quello che San Pio X condanno',ma per questi signori  questo Papa e' solo l'oscuro passato e non conta se non per la storia nefasta della chiesa),con il loro progressismo intriso di hegelo-storicismo,con il loro libertarismo politico-religioso che,in nome di una presunta giustizia e ''misericordia'',sovvertono a proprio piacimento il Messaggio di salvezza e la dottrina Cristiana di sempre,verso le sponde della ''globalizzazione del fenomeno umano''(Boff),salutata come ineludibile senza considerare la malattia profonda che connota l'attuale societa' non certo cristiana,e globalizzata invece dal relativismo,dal libertinismo,dall'ateismo pratico e da torpore consumistico.
 Ora, agli immemori e ai vili,ai pacifisti ad oltranza (che certo non amano il Cristo che scaccia i mercanti dal tempio),ai pieni di misericordia per i loro amici e intransigenti per i dissidenti del felice e progressivo nuovo corso,in cui vanno compresi cardinali,prelati,fedeli posti al nuovo ''Indice'',come capitato al coraggioso cardinale Burke,licenziato in tronco  licenziato dal suo dicastero e ora patrono onorario diremmo,del pur prestigiosissimo Ordine di Malta,non resta che la resistenza e la preghiera.
 Pace,riconciliazione,fraternita',perdono ripetuti con sospetta ripetitivita' non valgono per chi osa profferire opinioni o dubbi.Se su Paolo VI l'obbedienza verso i dettami del Concilio diventava virtu',sulla Humane Vitae dello stesso pontefice,questa diventava e diventa tirannia sulle liberta' e l'autodeterminazione rispetto alla vita nascente.Mille analoghi esempi potremmo portare riferendoci al pontificato di S. Giovanni Paolo II e,quasi a senso e a pensiero unico,e cioe' con palese contrasto su quasi tutto,nei confronti d S.S.Benedetto XVI,Così da rinnovare i fasti del profeta Don Milani e del suo grido ''l'obbedienza non e' più una virtù''. Ora i neoconvertiti all'ortodossia sono tutti diventati piu' papisti di questo Papa stesso.Sempre per usare paradossi.
 In realta' questi ''noti'' teologi'' sono incapaci di verifica del reale,non si curano del crollo delle vocazioni anche femminili,del calo planetario della frequenza alla S.Messa e ai Sacramenti ,a una vita disordinata per molti che si unisce all'apatia per il senso stesso del peccato,una crisi totale che colpisce intanto proprio la culla della Cristianita' e cioe' l'Europa (a proposito si puo' usare Cristianita'?) e di cio' nel suo 'articolo Boff si dice ben consapevole ,quasi lieto ,non considerando,a suo tornaconto ideologico, che ormai il Sud America e'  sotto la morsa del proselitismo vincente di Evangelici e Pentecostali,ben piu' radicali e coerenti con la loro confessione rispetto a certi ''cattolici''.
 ''Dai frutti li giudicheremo'' così si Dice e così constatiamo !
 Oltre le esteriorita',il facile e accattivante populismo ,le piazze piene (tanto care ai vari Stalin,Mussolini,Hitler e Pol Pot ) sono premessa o atto di  autentca rinascita e ,ancora pensosi,chiediamoci: vi e' un processo in corso di conversioni,di ravvedimenti,di maggiore unita' delle famiglie e di minore violenza,vi è un ritorno al Sacro,alla bellezza per tanti che nominalmente si definiscono cattolici ,con i battesimi in crescente diminuzione peraltro,data la bella laicita' di massa ? Vi e' un ritorno a Cristo?
 Qualcuno ci ha insegnato che il nostro parlare doveva essere Sì Sì No No perché il resto era del maligno ,e ora invece dialogo con tutti ma proprio tutti ,tranne i fedeli alla Chiesa e ai riti di sempre.
 Certamente ,alla fine,non prevarranno e dopo vi sara' il trionfo della Parusia.
 Ma,intanto,il mondo crolla e il clima e' apocalittico,le identita' stesse si stemperano nell'indistinto,si perde il posto perché si parla di aborto senza cedere al relativismo,ci si inginocchia e si continua a chiedere perdono pure davanti all'evidenza dei processi in atto di cristianofobia,perseguitando i cristiani indifesi,uccidendoli a centinaia di migliaia,inciendiando case e chiese,senza neppure lapidi da baciare per tanti farisei pronti sempre a capire tutti ma proprio tutti,tranne flebili voci per questi ''folli'' testimoni della Fede.
 Di tutto questo e di tanto altro,non vi e' traccia nell'articolo di Boff.Molto rancore invece per Messori,per un Cristiano cioe' onesto a cui si vuole perfino (da quale cattedra...) insegnare l'educazione e il proprio catechismo.
 Sepolcri imbiancati,ipocriti ,quanto strillavano questi ''campioni'' di liberta' contro il primato petrino e l'infallibilta',che non puo' certo riferirsi,comunque,al magistero ordinario.Ora il Papa e' dono dello Spirito (certo in sciopero da duemila anni...),divenuto per miracolo indiscutibile e intoccabile.Che miseria seppur in nome della ricchezza della liberta'.
 Intanto avanzano plotoni di nuovi vescovi e cardinali pronti a votare in massa cio' che l'ultimo Sinodo ha recentemente fermato.Alla prossima,vedrete ,tutto si normalizzera' !
 Nostra grazia resta la Provvidenza,nostra certezza la Verita' che e' Dio, che opera a prescindere e con tempi e logiche non certamente umani.Se il fumo di satana e' entrato all'interno della Chiesa di Dio,e cio' affermo' Paolo VI,a noi laici tocca la testimonianza nella  Fede dei padri.A noi,poveri veri,schernti e indifesi ,tocca difenderla,la Chiesa e il suo Depositum Fidei,prche' il Capo vero ,unico,indiscutibile oltre lo spirito dei tempi,e' Gesu' Cristo e cio' e' tutto per noi,malgrado le nostre stesse colpe ,malgrado infedeli ,giuda ed ipocriti. .
 Se serve la solidarieta' attiva a Messori eccola,ragionata e per intero.                                                  

Tommaso Romano

sabato 3 gennaio 2015

Nuovo blog thuleggi.blogspot.it

Un nuovo blog per continuare a leggere ,per continuare a veicolare cultura,informazioni, notizie,con note di lettura,recensioni e  saggi,informazioni su manifestazioni culturali,convegni,simposi e premi letterari e scientifici.Il nome puo' leggersi come esortativo e come neologismo composto da Thule e leggi in unico vocabolo ThuLeggi quasi ad indicare la fonte dei redattori del blog in seno alla storica (1971) attivita' editoriale e culturale delle edizioni Thule,oggi anche Fondazione Thule Cultura, a Palermo, che ha anche prodotto pseudoimitatori che nulla hanno a che fare con il lavoro culturale di Thule,fondata e sempre diretta da Tommaso Romano, da ben 44 anni.
 Tuttavia sarebbe restrittivo e non rispondente alle nostre idealita' per la diffusione della cultura libera e della conoscenza autentica, restringere il cerchio all'isola thule.Per tali ragioni apriamo a tutti gli interessati,con un filtro per la pubblicazione ovviamente,la collaborazione e le segnalazioni librarie e di eventi e avvenimenti legati alla lettura e alla promozione e diffusione della cultura.
Aspettiamo i vostri post e segnalazioni,tutto naturalmente senza oneri,ma con spirito di convergente collaborazione.
Potete inviare via mail a fondazionethulecultura@gmail.com oppure spedire materiali e testi, direttamente a Fondazione Thule Cultura,Via Ammiraglio Gravina 95,90139 Palermo o telefonando dalle 14,30 alle 19,30 AL 3493896419.
Non ci resta che augurarci reciprocamente Buona Lettura.