martedì 6 gennaio 2015

Lettera di Lucio Zinna sul caso Messori-Boff

Lucio Zinna e' uno dei massimi scrittori italiani, poeta, saggista, critico, narratore, direttore di ''Arenaia'' e animatore di alta cultura. Debbo molto alla sua Opera e alle preziose introduzioni a ben quattro fra le mie raccolte poetiche edite. Dal canto mio rivendico il privilegio di un magistero costante e dell'aver acconsentito a pubblicare con Thule e ISSPE due libri suoi, oltre una costante ed elevata collaborazione a ''Terra di Thule'', ''Spiritualita' & letteratura'' ecc. Dopo aver pubblicato in questo blog l'articolo su Messori-Boff, ho chiesto un autorevole parere a Zinna che mi ha inviato l'autorevole testo che mi appresto a pubblicare subito, ringraziandolo molto. Il blog va costantemente crescendo nei contatti e a tutti infine ricordo quanto scritto nell'editoriale, non si possono inserire commenti per mia scelta ( a tal proposito ringrazio in particolare Francesco Scorsone e Domenico Bonvegna) ma ovviamente molto gradite sono le mail, a cui singolarmente risponderò.


Caro Tommaso,

ho letto il tuo articolo su Messori e Boff nel tuo nuovo blog (“MosaicosmoRomano”). Non ho avuto occasione di leggere né l’articolo di Messori né quello di Boff, il che mi impedisce di entrare nel merito con piena cognizione di causa. Ma posso entrare nel merito delle tue osservazioni, che vanno oltre lo spunto da cui traggono origine. Aderendo volentieri alla tua richiesta, ti esprimo le mie considerazioni, a caldo.
Si nota, nel tuo scritto, la preoccupazione del cristiano sincero per la scarsa tutela (e autotutela) oggi riguardante il mondo cristiano nel suo complesso. Non sono preoccupazioni campate in aria. Il problema esiste, non da ora. In pericolo mi pare non è solo “la cristianità”, ma con essa la nostra cultura e la nostra civiltà. Mondo cristiano e civiltà occidentale sono talmente connaturati e intrisi che non può traballare il primo senza che traballino anche le seconde (e viceversa). Un segno grave è stato, storicamente, quello della c.d. Europa unita (“unita”?), allorché si rifiutò l’accenno alle radici cristiane di essa in fase di elaborazione della Costituzione della Comunità. Un’Europa ibrida e indecisa a tutto, tranne che nelle “stringhe” economiche per i paesi in difficoltà, con il suo (ormai noto) scarso solidarismo. Circa cinque anni fa ho scritto una poesia (“Ode sghemba per la vecchia Europa”, poi pubblicata in antologia), in cui facevo riferimento, fra l’altro, allo svuotamento delle chiese, su cui si concentra anche il tuo articolo (allego, per tua conoscenza, il testo, dalla mia raccolta inedita “Le ore salvate”, parte seconda intitolata “Cronache del malumore”).
Mi pare che la Chiesa stia attraversando uno dei (non pochi) periodi difficili della sua millenaria storia, soggetta a vari accerchiamenti. La Chiesa di oggi è a un bivio. Non può starsene immobile e non può correre a perdifiato. Né correre per compiacenza o per quieto vivere (il messaggio di Cristo è piuttosto per l’inquieto vivere, purché consapevole). Diceva don Luigi Sturzo: “O la Chiesa camminerà coi tempi o i tempi cammineranno anche senza la Chiesa”. Verissimo. A condizione, bisogna aggiungere, che essa non cammini coi tempi qualunque cosa convenga ai tempi. L’immobilismo è pericoloso, ma non lo sono di meno le fughe in avanti, le compiacenze gratuite etc.
Tutti abbiamo notato che Papa Francesco, nel suo recente viaggio in Turchia, è andato a pregare in moschea: un gesto distensivo, colloquiale. Qualcuno s’è accorto che nessun rappresentante islamico lo accompagnò nella sua visita all’ex basilica di Santa Sofia, anche se lì non era obbligatorio pregare, trattandosi ormai di un “museo”? Qualcuno si è soffermato sul fatto che una scrittrice e professoressa turca, di religione islamica, invitata a fare da interprete, era stata, non molto tempo dopo, accusata di aver tradito l’Islam per aver aderito all’invito? La scrittrice ha dovuto smentire e precisare che il suo era stato soltanto un fatto di natura professionale.
Il timore è che si sia ormai entrati in un’epoca di post-cristianesimo e ne sono indici inquietanti il “calo planetario”, come tu lo chiami, della frequenza alle Messe e ai Sacramenti, lo spostamento, come tu osservi, dell’asse, in Sud America (il più grande bacino cattolico nel mondo) verso evangelici e pentecostali (ma fino a qui, siamo ancora in ambito cristiano). Non vanno ignorati spopolamento e abbandono di conventi e monasteri, le molte chiese chiuse ed esposte al degrado, la crisi delle vocazioni etc. Ma anche la pressione (armata) di un’ampia fetta dell’Islam intransigente (con il silenzio dell’Islam moderato, fatte salve alcune ammirevoli eccezioni), la persecuzione di cristiani nel Medio Oriente e in alcune aree dell’Africa, eccetera. Quanto può aver influito o influisca, in tanta pressione, la constatazione della debolezza interna della Chiesa, considerata come momento storicamente opportuno per dar vita a meccanismi opposti a quelli del dialogo? Anche l’Islam è religione di pace; perché a tener campo sono sempre gli intransigenti?
Quale la strada giusta?
Credo che occorra coraggio nel dire pane al pane e vino al vino. Ne abbiano, di coraggio, la Chiesa, l’Europa, i cristiani, gli uomini di buona volontà, insomma coloro che pensano in proprio, non fermandosi alle apparenze. E che, come te, fanno caso a certi fenomeni, anche quando non appaiano di primo piano. Boff e altri. E (perché no?) anche la sparizione di presepi nelle scuole o la rimozione di crocifissi in locali pubblici: per apparire sufficientemente laici. Ma un vero laico non può che essere tollerante: se non tollera un crocifisso, cioè il simbolo di chi predicò l’amore e fu condannato a morte, come potrà dirsi “tollerante” e quindi autenticamente “laico”? Un crocifisso è qualcosa di più di un simbolo religioso, è simbolo della nostra civiltà.
Ti saluto con tutta cordialità, rinnovandoti i miei auguri per il nuovo anno e per le tue iniziative

Lucio Zinna


Ode sghemba per la vecchia Europa

Questo sciame di popoli occidentali che partì per volare sopra la storia dalle rovine del mondo antico si è caratterizzato sempre per una duale forma di vita. […]Questo destino, che li faceva, nello stesso tempo, progressivamente omogenei e progressivamente diversi, deve intendersi con un certo grado di paradosso. Poiché in essi l’omogeneità non fu aliena dalla diversità. Al contrario, ogni principio uniforme rendeva fertile la diversità.
 
José Ortega y Gasset, Meditacion de Europa.



Che fai –  Europa –  dove la sabbia
declina verso il mare  e al sole non ti sdrai
né avanzi fino a che l’onda ti lambisca i piedi?


Cerchi di risorgere nella memore
distanza di battaglie vinte e perse
di guerre guerreggiate con bandiere
sofferenze e lutti. Ostenti i tuoi tesori
nello sfarzo dei palazzi nei musei
del mondo negli scaffali di biblioteche
nelle teche di archivi. Nell’oroargento
delle cattedrali dalle guglie di ascensionale
impertinenza nelle policrome vetrate
nella voce di bronzo di mille chiese
che lentamente si spopolano mentre
filtrano progetti di califfato universale.
Tuoi vicoli non sono ciechi ma è luce riflessa.
Cancella l’immagine di nobildonna
decaduta che nel salone volteggia
(suona l’orchestrina il transatlantico
scivola al suo algido scoglio) non crearti
l’alibi di un ancien régime che crede di cedere
all’urto rivoluzionario e cade per suicidio.
Non lasciarti travolgere dal vento dell’euro
sprigionato gabbando Eolo non restartene
tra Euro e Noto come in classici poemi
accura a questa  ventosa moneta a ventosa –
di banchieri non di popoli – che multipla
non è e non è unica. Non si camuffano
banconote per balli in maschera.
Guardati dalle fughe in avanti e a ritroso
mia commovente Europa rompicoglioni
non sei ancora un continente alla deriva.
Non essere il tuo ibrido signora che ti sai
anziana e ancora vitale e ti annachi
in una bascula perenne.
Una vita si può vivere  sotto un ponte
come insegnano i clochard
non si può stirarla standoci sopra
non traversando né tornando indietro.
                                                                       Lucio Zinna

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