L'artista è un
facitore di ponti fra la realtà e il suo essere e manifestarsi idealmente e
fattualmente attraversando le sue opere. Chi sostiene la scissione e
l'autonomia dei linguaggi settoriali dell'arte, ha una visione scissa,
parcellizzata, disorganica della creatività, che deriva da un Dono che
trascende l'artista e che egli stesso può sempre affinare, nella ricerca verso
un continuo perfezionamento. L'arte ha così una sua specificità redimente in
sintonia con la vita ed anche in conflitto se necessario. Tale specificità va
perseguita o praticandola e svolgendola come atto - frutto di visioni,
razionalità, esperienza o sogno - o fruendola come possibilità spirituale ed
estetica. Tuttavia, è sempre a partire dalla natura che apprendiamo il significato
profondo del fare arte, non esclusivamente
come mera ripetizione o imitazione, quanto come ri-creazione che non può non
esprimersi in comunicazioni plausibili, non solo in mero esercizio - tutto da
provare, fra l'altro - concettuale e falsamente minimalista. Ora, davanti allo
svolgersi nichilistico e mercatista della modernità, l'arte si mistifica nella
sua stessa natura e vocazione, perdendo ciò che invece l'aveva sempre
contraddistinto come necessità etica ed estetica di un umanesimo creaturale non
solo orizzontale (ma neppure solo verticalizzato) pragmatismo delle occasioni, né
tantomeno come perseguimento del brutto, eretto a sistema e destino, quasi una
metafora di gnosi spuria del cammino sulla terra, inteso come condanna e solo
dolore. E ciò, appunto, può valere in tutti i dominii in cui l'arte si risolve:
pittura, musica, scultura, parola letteraria e filosofica, fotocinematografia,
considerate, piuttosto, discipline in relazione, dialoganti e in unità
sostanziale, in oltreprassi, in autentica liberazione dell'ovvio.
Senza
un'aspirazione alla trascendenza sul piano spirituale, veicolando e promuovendo
il fondamento che è oggettivo alla bellezza, l'artista che conosce i limiti e
rigetta l'onnipotenza, potrà edificare la sua interiorità e la sua stessa
vocazione prima ad essere e poi ad apparire nel mondano e spesso transeunte
successo. Anche i luoghi possono essere veicoli di simbolicità ulteriore, non
solo per ciò che rappresentano storicamente, quanto per le suggestioni, le
riflessioni, la penetrazione dei significati che essi ci propongono come
riflessione ulteriore all'esserci, sul divenire, sulla libertà e sul nostro
stesso destino.
Affidare il
talento, quindi, non allo sterile narcisismo ma proiettarlo oltre, con rigore,
verso l'infinita perennità cosmica. Tutto ciò è, non solo auspicabile, ma
doveroso compito dell'artista e di coloro che si pongono esteticamente il tema
dell'arte, per ridare - almeno nella propria individuale specificità e scelta
vitale - un senso in grado di poter
umilmente ma fermamente discernere cercando nell'opera l’Immagine, che è lo
splendore del bene, di ciò che è armonico e giusto in mezzo alle barbarie dal
volto disumano e disumanizzante, al laccio della regia egemonica occulta della
tecnofinanza e dello scientismo, che orienta e impone nel mercato gusti,
tendenze, mode.
Sarà questo un
modo non effimero per rendere così testimonianza fattiva e contemplativa, al
contempo, alla bellezza e alla forza del "Disegno intelligente" che è
il Creato, che Dio ci ha consegnato (non solo la terra, ma il cosmo intero) e
che, avendolo in custodia, abbiamo il dovere ma anche il potere di preservare,
se ne saremo all'altezza, degni e capaci, per così affermare - sapendoli
comunicare, trasmettere - i valori, nella sostanza ma anche nella forma, per
non piegarsi alla dittatura dello spirito del tempo che ci è dato vivere.
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