di Tommaso Romano
Bobi
(Roberto) Bazlen, Trieste 1902 – Milano 1965, è stata certamente una delle
personalità centrali della cultura del Novecento, specie riguardando le
complesse vicende dell’editoria nazionale, di cui fu scelto protagonista, che
lo portarono con Luciano Foà a fondare la casa editrice Adelphi (1962), oggi
diretto dall’allora giovane sodale, Roberto Calasso.
Il
corposo volume Bobi Bazlen. L’ombra di
Trieste, edito da “La nave di Teseo” (2017, €19,50), se ne occupa con
rigore, grande padronanza e consonanza, Cristina Battocletti, nata a Udine,
caposervizio della “Domenica” del “Sole 24 Ore”, critica cinematografica,
autrice di biografie, racconti e di un romano di largo successo La mantella del diavolo (Bompiani,
2015). Con questo libro su Bazlen, la Battocletti recentemente ha avuto
assegnato a Belpasso, il prestigioso Premio Internazionale “Nino Martoglio”, la
cui Giuria era presieduta da Sarah Zappulla Muscarà.
Molto
indicativa, l’apertura del libro, con una simbolica frase di Bazlen tratta da
una lettera a Stelio Mattioni, del 1964, che traccia e rende un efficace
autoprofilo: “Rinunciare: no; reagire: no; realizzare il prima possibile”.
L’aura
misteriosa in cui è stata avvolta la figura di Bazlen, a cui ha dedicato un
documentario, nel 1983, Aldo Grasso, converge con quella di uno straordinario “annusatore
di libri” dal “suono giusto”. Poliglotta di cultura e formazione, scoprì Italo
Svevo, pubblicò anche Kafka e Robert Musil e cento altri imperdibili.
Ebreo
per parte di madre, evangelico di parte paterna, fu un visionario laico,
amatissimo e detestato, come si conviene agli uomini oltre la soglia della
conformistica mediocrità. Quasi ascetica e certamente leggendaria la sua
intrapresa intellettuale ed editoriale, costellata da incontri plurali: da
Umberto Saba alla Morante, da Montale a Cristina Campo, da Savinio a Adriano
Olivetti, capace anche di suscitare forti antipatie da parte, per esempio, di
Pasolini e Moravia.
Irregolare,
fuori dal coro e dagli schemi sempre, superstizioso e antipratico per
eccellenza, con interessi esoterici e psicanalitici (fu amico e paziente di
Ernest Bernhard), “rabdomante di talenti”, praticò come intima necessità il
nomadismo dei luoghi dove si spostava in continuazione e quello delle idee
plurali, sempre professate in rigorosa libertà e da autentico airone
libertario, anche in amore.
Come
ben nota la Battocletti, “Bazlen disprezzava Ulisse, perché era un piccolo uomo
salvato dall’astuzia minuta e scorretta”, preferendo ai miti greci, quelli
assiro-babilonesi e indù, “per lui l’Occidente era roba da ragionieri. Amava
l’Oriente e il Taoismo, il caso stabilito da certe regole, ammorbidito da certo
disincanto”.
Un
uomo dietro le quinte autore di una
sola opera uscita per altro postuma da Adelphi, lo definisce questa sua
biografa d’eccezione, capace di influenzare e segnare la storia dei grandi
libri e delle idee.
La
Battocletti ci consegna così un testo maiuscolo, che si legge con crescente e
partecipato interesse, attraversato da un’arabescata capacità narrativa che
include la filologia essenziale, mai pedante però, e una esaustiva
bibliografia. Le pagine scorrono sostenute da una sostanza poematica che il
lettore accorto, assaporando questo bel libro, vi troverà sicuramente.
dal n. 93, anno XXXI, Ottobre - Dicembre 2017 di Spiritualità & Letteratura
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