di Tommaso Romano
La scomparsa di Zygmunt Bauman mi rattrista e mi
induce ad una breve riflessione, da ampliare in seguito.
Bauman è stato un geniale se pur discutibile e
controverso, analista sociale un’interprete, anche filosofico agevole alla
fruizione e alla lettura della postmodernità definita, come noto, liquida.
Molti suoi spunti e indicazioni sono assai originali
e utili, senza però assolutizzarne gli esiti. Altri risultano di meno interesse
anche per le matrici, non sempre superate del suo originario marxismo. Tuttavia
corre un filo necessario da recuperare, da Max Weber a Bauman che si può
ricostruire, anche criticamente e senza esaltazioni smodate, per ricomporre un itinerario
di analisi dei fattori comunitari, senza pregiudizi ideologici e senza acquiescenze
assolute.
Lo incontrai ad un Convegno organizzato in grande
stile dalla Erickson a Rimini nel 2015: uomo gentile e libero nel dialogo e nei
giudizi, chiaro nello svolgimento della sua conferenza, mi diede la sensazione
di un uomo consapevole e profondo.
Incontro, pur nelle differenze valutative
filosofiche e sociologiche, certamente indimenticabile.
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