domenica 25 ottobre 2015

Vito Mauro, "Continuum" (CO.S.MOS)

di Marcello Falletti di Villafalletto

Si potrebbe dire che questo corposo testo di Vito Mauro vada senz’altro a completare, se non a supportare l’im­pegno di Maria Patrizia Allotta, con il quale abbiamo aperto questa rassegna; infatti, raccoglie tutti gli scritti e gli innumerevoli impegni letterari e cultu­rali svolti dal prof. Tommaso Romano in oltre quarant'anni di proficua attività. “Un omaggio corale” ad un uomo, professionista serio, che merita ampiamente di essere onorato, non solamente per quello che è, ma per quello che è da sempre e per quello che continuerà ad essere in futuro: sicuramente ancora provvi­do, ricco e valido. Un personaggio granitico, poliedrico, consapevole del suo potenziale umanitario e culturale del quale la nostra società continua ad avere profondamente bisogno.
«Di fatto Romano si può considerare il più lucido e intellettual­mente più interessante rappresentante di questo significativo filone della cultura siciliana. Da qui il suo giudizio sul nulla della condi­zione culturale del presente in modo severo da lui stesso espresso: “Perso il timor di Dio” l’uomo contemporaneo non vuole neppure - prometeicamente - farsi Dio, ma annullarsi nell’insignificanza, an­negare nel non-senso, nell’ovvio, verso una sorta di trasformazione antropologica”. Aggiungo io purtroppo in negativo.
Un ritratto, se non esaustivo, certamente fedele, della identità intellettuale di Romano, non facile da sintetizzare, stante la sua “co­smicità”, si può estrarre da quanto egli dice, quasi autobiografica­mente, di Vincenzo Mortillaro nel volume Contro la rivoluzione la fedeltà. E' forse l’opera migliore da lui scritta, né può ritenersi un caso: “Letterato e poeta, fondatore, direttore, animatore prima e dopo il ’60 di riviste e giornali e molteplici responsabilità amministrative... critico acerrimo dei nuovi rivoluzionari del 1860, della conquista garibaldina e del Nuovo Regno d’Italia di marca piemontese liberale e coloniale, fu costantemente ammirato, deriso e invidiato per il suo rigore e la sua visione del mondo e della storia”.
Mortillaro era un cultore del passato. Aristotele ha scritto che la memoria è negata agli schiavi. Apprezzo Romano soprattutto perché in quanto cultore del passato vuole restituirci la memoria che il presen­te ci nega. Il fine ultimo del suo impegno culturale vuole essere libe­ratorio per tutti. Il mondo che ci fa sognare è infatti un mondo senza schiavi.» ha scritto Antonino Buttitta, nella appropriata e apprezza­bile introduzione. Possiamo aggiungere che questo mondo “senza schiavi”, oggi sembra essere più aleatorio che nei tempi passati. Sono cambiate le forme di schiavitù, sono diventate multiformi, impressio­nanti, devastanti e deleterie: eppure continuiamo a parlare di libertà. Sbandierandola ai quattro venti di una società sorda, ammutolita, ip­notizzata, formalmente scandalizzata ma che continua a considerarla un sogno ideale, dal quale però rischia di non svegliarsi mai.
Quindi ben venga il volume di Vito Mauro su Tommaso Romano, - anzi sulla “bibliografia di e su” - figura morale e intellet­tuale di un siciliano puro, assurto a livello cosmologico, perché usci­to dai confini di quell'affascinante isola mediterranea, si è fatto voce, non di “colui che grida nel deserto” di una modernità compiacente, soggiacente, anestetizzata, permissiva di un libertinismo (forse anche più libertinaggio), scambiato per libertà; diventata ancora più for­ma di schiavitù nuova, ammirata, vissuta incondizionatamente, ma elevatasi a richiamo, avvertimento, monito del quale le generazioni future dovrebbero farne approdo sicuro.
Potrebbe sembrare scontato recensire un lavoro di questa autore­vole portata ma sono certo che qualunque appassionato di cultura, testi e di ricerca intellettuale saprà apprezzarne il valore altamente utile e necessario; oltre che a scoprirne la granitica personalità di Tommaso Romano, non solamente personaggio costantemente im­pegnato, ma fortemente motivato ad essere ancora, lungamente, par­te attiva di questa nostra, sempre più, svagata società.

da: “L’Eracliano”, Scandicci n°7-9, 2015

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