VENEZIANI E I SUOI IMPERDONABILI MAESTRI SCONVENIENTI
di Tommaso Romano
Contemporaneamente
vengono alla luce due nuovi e robusti volumi di Marcello Veneziani: Tramonti (Giubilei Regnani, Roma, 2017)
e Imperdonabili. Cento ritratti di
maestri sconvenienti (Marsilio, Venezia, 2017), cinquecento pagine,
quest'ultimo, che si delibano con voracità ammirata e magari con un “Porto”, a
distillare questa sorta di autobiografia intellettuale attraverso una
ricognizione - anche memoriale e fatta di incontri personali nodali - su un
pianeta di molti alieni ignoti o semisconosciuti alla cultura ufficiale e a
quella che gioca all'anticonformismo e che è in realtà solo guardona del mondo
come va, dalle trasgressioni modaiole, dalla decadenza dei clown da tragedia de no antri tecnolocratico e
totalitario, che ci controlla dalla culla alla bara. In quale potere cancella
le intelligenze scomode (come le
chiamò per un ciclo RAI, pezzo unico, Giano Accame, fra i giustamente non
dimenticati di questo libro), soprattutto del Novecento, anche se Veneziani
fonda correttamente la sua genealogia a partire dai Giganti: Dante, Petrarca, Machiavelli, Vico, Leopardi,
Schopenauer, Hegel, Dostoevskij, Strirner, Nietzsche, Marx, senza la ridondanza
dell’acritico omaggio e senza la filologia dei pedanti, con richiami essenziali
e conflittuali rispetto alla sua visione del pensiero e dell’Assoluto, con le
chiare ascendenze plotiniane, un Maestro venerato e richiamato da Veneziani,
che non poco ha scritto del filosofo eccelso.
Fare l'elenco dei
profili inseriti, essenziali e calibrati, è esercizio che non serve all'invito
a leggere con lievità e contestuale rigore, tutto il libro, di quelle Ammirate biografie (questo il titolo di
un mio libro simile, nell'impostazione a quello di Veneziani, edito nel 2010 da
Arianna e in cui sono compresi alcuni fra i pensatori, poeti e figure che ci
hanno accompagnato e fatto incontrare con Marcello, che esordì con le mie
Edizioni Thule, nel 1977 con La ricerca
dell'assoluto in Evola, comune maestro di formazione).
Il libro, non è un
catalogo di soli reprobi e introvabili Autori, non è un visto da destra per non dimenticare i fondamenti di una ideale
destra, che forse è solo Centodestre
(altro titolo di profili biografici edito dall’ISSPE e da me curato nel 2012) o
forse un arcipelago di opposti, che ancora ricercano una sintesi per rispondere
alla modernità come ideologia e al nulla come prassi esistenziale vigente e che,
come dice Antonio Carioti, potrebbero intanto trovarla nella difesa della
libertà individuale.
Nel ricco volume di
Veneziani, sempre punteggiato e sostenuto da una prosa che ondeggia vitalmente
fra il filosofico e il lirico, troviamo infatti Autori che sono certo
imprescindibili e non sempre ritenuti "sconvenienti": da Croce a
Gramsci e Adorno, da Mounier a Ortega, Gadamer, da Pasolini a Debord, da Wilde
a Pavese, Sciascia, Pirandello, Bobbio, Emanuele Severino, Camus, Proust,
Borges. Per alcuni di questi è calato l'oblio, si pensi un pontefice come
Croce, oltre il manierismo sterile dell'omaggio dovuto, senza però fare i conti
con la loro proposta di cultura, con le loro provocazioni, libere e spesso
urticanti. Perché questi Autori servono, ha ben ragione Veneziani, come
servirebbero ai progressisti dei miei stivali, in realtà ripetitori modesti e
monotoni di un sessantottismo che non passa, come il fascismo e l'antifascismo,
che De Felice tentò di storicizzare da storico immenso quale fu e che, come
tale è ricordato in punta di penna da Veneziani nel libro. La differenza che,
infatti, continua con qualche eccezione, a sussistere nella cultura italiana da
salotto mediatico, è appunto la rimozione per ignoranza, per partito preso e
chiusura mentale.
Quando non se ne può
fare a meno, questi Autori si citano, trovando sempre però una tessera di
partito o un discorso da demonizzare e da non contestualizzare e soprattutto
senza discernere il contingente che passa dal permanente delle idee che rimane,
da Heidegger a Schmitt, da Bergson a
Sorel, Pessoa, D’Annunzio, Giovanni Gentile, Kraus, Cioran, Pound, Jouvenel,
Rensi, Noventa, Benjamin, Cèline, Mishima, Spengler, tutti al fuoco della controversia, direbbe Luzi,
e usciti dalla penna di Veneziani con rinnovato vigore interpretativo.
Non mancano i
riferimenti segnavia, quelli che, forgiando, consentono la traversata nel
deserto di altri territori, anche se in diaspora è un po' apolidi lo siamo
tutti, ormai, per la morte della Patria
(Galli della Loggia) e perché esuli nella stessa terra in cui viviamo e di cui
ci sentiamo eticamente ed esteticamente estranei, sempre di più.
Pagine di rara
intensità concentrate in schizzi d'Autore (penso, sul versante della pittura,
ai disegni di Mino Maccari) che ci restituiscono pensieri, parole e opere di
autentici esiliati che Veneziani tiene nella sua biblioteca - che ha avuto
traversie, in passato - non solo ideale ma sostanziale, esperienziale, sapendo
trattenere ciò che conta davvero dei libri, e che i più ritengono invece
stantio, pericoloso, reazionario, da imbavagliare e da mettere (se potessero
farlo, ma hanno paura di passare per nazisti e inquisitori) al rogo.
Sì, perché Veneziani
ci restituisce a tutto tondo filosofi e giornalisti, pensatori postumi nei loro
libri, e in quelli voluti mai pubblicare in vita, insieme ad agitatori geniali
e appartati conservatori, identitari e anarchici, spiritualisti simbolici,
demolitori di luoghi comuni, spesso frequentati, visti o conosciuti dallo
stesso autore: Andrea Emo, Rodolfo Quadrelli, Pierre Pascal, Montanelli,
Flaiano, Campanile, Panfilo Gentile, Prezzolini, Malaparte, Oriana Fallaci,
Papini, Marinetti, Guareschi e Volpe.
Non mancano in questo
Almanacco, che in fondo ricapitola la vita di Veneziani, come avventura
intellettuale, esperienza, formazione, con incanti e disincanti, l'album dei
cari, imprescindibili estinti, dal citato Evola a Jünger, Eliade e Zolla,
Guènon e Gomèz Dàvila, Michele Federico Sciacca, Spirito e Del Noce, Thibon,
Berto Ricci, insieme a indefinibili e mistici ed esteti veri come Cristina
Campo, Pavel Florenskij, Weil, Zambrano, Solgenicyn, Tolkien.
Non manca la spoon river della sponda sbagliata, con
nomi e storie cari a un’intera generazione, della quale Veneziani è geniale
alfiere come pochissimi, fra questi generosamente tratteggiati con il rasoio di
Marcello: Giano Accame e Fausto Gianfranceschi, Enzo Erra, Claudio Quarantotto,
Giovanni Volpe e Alfredo Cattabiani, Piero Buscaroli e tante altre ricordate
figure, sotto forma di citazioni sparse per tutto il libro. Pochi, e fa bene
Veneziani, i lavori in corso che egli
esamina di Autori che non svaniranno nel nulla, seppur non sempre condivisibili
come ad esempio de Benoist (la cui componente italiana di estimatori, per
antiche vicende, non è ricordata nei nomi dei protagonisti).
Lo spessore umano e
intellettuale di Veneziani, anche in questo libro, si coglie per intero, come
mettendo insieme i frammenti sparsi o le tessere di un mosaico anzitutto della
memoria, lui che ha lasciato la Puglia per la capitale, non autoesiliandosi per
forza o per ragione, alla periferia dell’impero, come tanti, fra cui chi
scrive, modestamente.
Il mosaico, l'affresco
di Veneziani è così ampio e variegato perfino nel calarsi dall'universale al
particolare, ma va raccolto come una unità sollecitante l'intelligenza, anche
nelle esclusioni, che ne avrebbero però appesantito la già non debole mole. Ma
è anche un invito a ripensarsi, a partire da se stessi, a comprendere che non
tutto è stato vano e che la memoria può affiorare come a irrorare lo scenario
nichilistico e che fa il paio con l'indifferenza dei più.
Condivido, infine,
quanto su "Libero" (3 novembre 2017) ha scritto Vittorio Feltri di
Veneziani: "Ottimo prosatore, uno dei pochi intellettuali che si possono
definire tali malgrado sia di destra, per cui detestato dai tromboni di
sinistra. Con lui ho lavorato molti anni, lo conosco come le mie tasche. Scrive
da Dio cose che non condivido e leggendole spesso cambio idea. D'altronde sono
consapevole di non essere d'accordo sempre con le mie opinioni mutevoli".
Le opinioni variano,
restano i capisaldi, i riferimenti non effimeri, la fede ai valori per chi ha
il dono e la volontà di possederli.
Veneziani merita di
essere annoverato fra i nostri maggiori, con la sua ormai assai larga
produzione (che aspetta un esegeta all'altezza), di essere ascoltato e con i
suoi libri adagiati con cura nelle biblioteche, da consultare spesso. A cominciare,
come in realtà avviene, dalla mia che è il mio unico e vero forziere, che mi
garantisce la vita che ancora si vive leggendo e scrivendo, avendo già non poco
dato, facendo almeno il proprio compito, frutto di una vocazione che ancora,
comunque, non tramonta.
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