di Sandra Guddo
Una
cornice elegante, lungo il Foro Italico, a due passi dal mare, lontano dal
chiassoso, imbarazzante ed ordinario
tempo delle chiacchiere di opinionisti à
la page , è il “ Cafè de Maistre “, sagacemente
intitolato ai fratelli Joseph e Xavier De Maistre così diversi tra loro da
potersi contrapporre, in una dialettica stringente, come tesi ed antitesi.
Probabilmente
è questo il motivo per cui il cafè è stato intestato a loro in quanto
rappresenta la metafora di un luogo simbolico ed immaginifico, di uno spazio
mentale dove sarà possibile, in compagnia di un panormita inattuale come si
definisce Tommaso Romano, accomodarsi su una sedia di paglia viennese davanti
ad un tavolino Ducrot per dissertare
liberamente di filosofia o di teologia, di poesia o di narrativa, di pedagogia
o di storia, di musica o di pittura, di cinema o di teatro, senza rincorrere il
politicamente corretto per apparire a tutti i costi un intellettuale alla moda, salito sulla giostra della vanità
in cerca di plausi e di ipocriti
consensi, ignorando che, come saggiamente scriveva Victor Hugo, spesso il successo non equivale al merito e che
non sono “ i palcoscenici agghindati alla festa dell’ipocrisia” le piazze o gli stadi pieni di folla delirante
a decretare i meriti di una persona anche se ne rappresentano un importante
indicatore. Ammonisce T. Romano “ i conti non fateli con le folle, li farete
col Padre Eterno “.
Il
café de Maistre è come un fortino, ultimo baluardo di resistenza contro l’invasione dei nuovi
barbari nei cui confronti occorre prendere posizione, avere il coraggio di
dissentire e di dissertare fuori dal coro degli adulatori corrotti, dei beoti
acquiescenti, del peggior buonismo, del falso intellettuale che opera in nome di
un pasticciato sincretismo svuotato di ogni valore oppure agisce in nome di un
frainteso spirito di tolleranza a tutti i costi e di una fuorviante, tragica
interpretazione del principio di libertà di espressione attribuita, forse a
torto, a Voltaire, considerato il padre dell’Illuminismo.
Coerentemente
con i suoi principi, T. Romano interviene dal suo blog ( Mosaicosmo-Romano) sul
caso Messori- Boff, esponendosi in prima persona e prendendo decisamente
posizione, confortato da Lucio Zinna, insigne intellettuale e poeta il quale,
in una lettera pubblicata per intero nel presente volume, condivide la
posizione di T. Romano, affermando quanto siano centrali e fondanti per una vera
Unione Europea, i valori della Chiesa cattolica che oggi si trova ad un bivio e
dovrà scegliere tra il principio di tolleranza a qualsiasi costo, tanto per
stare al passo con i tempi che cambiano o la salvaguardia di quegli stessi
principi che sono fondanti dell’identità
non soltanto della Chiesa ma dell’ Europa stessa !
Il cafè De Maistre rappresenta “ un rettangolo di ammutinamento”, un luogo di
difesa della nostra Tradizione che non può cedere il passo ai burattinai dei
poteri occulti che si nascondono dentro le potenti organizzazioni delle
multinazionali che, attraverso un processo di appiattimento, depauperamento ed
annichilimento dei valori legati alla nostra Tradizione, ci impongono modelli
di comportamento basati sulla omologazione, annullando le peculiarità di un
popolo . Ed è questo che fa più paura: assistere quasi del tutto impotenti, al
diffondersi di mode, gusti, abitudini e stili di vita condizionati dalla pubblicità
che, con i suoi messaggi sublimali, impone i
prodotti della globalizzazione a scapito delle nostre migliori
tradizioni oltre che delle economie locali. Contro tale tendenza, viene
auspicato in particolare “ una rinascenza del Sud … basata sulla
riscoperta, rivalutazione e coraggiosa riaffermazione del nostro passato e
delle nostre radici” al di fuori della retorica “ nostalgia del bel tempo
andato “ che ci possa sostenere nella riscoperta del “ senso dell’appartenenza
“.
In
tale contesto anche il ruolo sociale dei poeti, un tempo paladini delle
tradizioni popolari che si tramandavano dai padre ai figli attraverso i loro
canti, sembra essere in crisi “ poiché
si è perso il senso e l’appartenenza alla comunità, in nome di un livellante e
falsamente umanitario globalismo “. L’ intervista a Mario Luzi del 1989
costituisce un’interessante occasione per tracciare la fenomenologia della
lirica chiarendo la funzione altissima
che essa svolge presso i popoli come stimolo per le coscienze addormentate e
come pungolo ad una visione dell’umanità che non deve perdere la sua vera
identità spirituale: la poesia etica e religiosa “ di
annuncio oltre che di denuncia “ che non è in contrapposizione con la Tecnica
purché se ne faccia un uso adeguato.
Il
cafè non è soltanto un luogo di resistenza ma è soprattutto un luogo di
accoglienza di quanti credono ancora nei valori fondanti della nostra
spiritualità e li manifestano, senza timore, con le loro opere, le loro proposizioni
ed azioni, rifiutandosi di trasformarsi in grottesche “ maschere pirandelliane ,
in caricature … e prodotti assortiti di pseudo umanità “ .
Così va accolto in questo luogo spirituale Padre
Giuseppe Rizzo di Ciminna , sospettato di modernismo e di rosminianesimo
filosofico, che, a seguito di un’ingiunzione della curia palermitana, è stato
esule nella sua stessa cittadina natale. Oggi è stato riabilitato e
beatificato, a seguito di un’attenta revisione della sue opere dalle quali
emergono chiaramente le sue posizioni sempre rispettabili che affondano le loro
radici nella filosofia cristiana di Antonio Rosmini. Una lettera ritrovata da
Vito Mauro, nell’Archivio Storico Diocesano della Curia di Palermo, getta nuova
luce sui rapporti tra questa e il clero di Ciminna. Ciò a riprova, semmai ce ne
fosse bisogno, che Tommaso Romano, per ristabilire verità storiche dimenticate,
fuorvianti o mistificate, utilizza rigorosamente il metodo euristico della
ricerca supportandolo con documenti certi ed inoppugnabili. Il suo rigore e la
sua onestà intellettuale non potrebbero consentirgli di fare diversamente.
Ma
la sua preoccupazione più che legittima è rivolta soprattutto ai giovani,
consapevole dei limiti di un sistema
educativo che, per le sue grossolane inefficienze acutizzate dalle rovinose
riforme di questi ultimi anni, non può garantire e sviluppare nei tempi e nelle
modalità dovute, la loro formazione umana ed intellettuale. I giovani sono
bombardati da messaggi fuorvianti e spesso contraddittori che generano in loro
soltanto confusione dove tutto viene messo in discussione perfino il concetto
di genitorialità.
Sarebbe
opportuno, a mio avviso, soffermarsi sull’etica della responsabilità, parola
sconosciuta ai molti nuovi profeti, ampiamente spiegata dal filosofo tedesco
Hans Jonas nel suo libro “ Il principio
della responsabilità “ ( 1979 ) , che egli applica all’ecologia ed alla bioetica.
Egli afferma che non si può agire in modo disastroso per la conservazione dell’ Ambiente e dello
stesso Genere Umano, in nome della Tecnica, che si è sviluppata in modo
sorprendente in questi ultimi decenni anche se la cosa in sé è sicuramente positiva; non si può utilizzare
la tecnologia senza considerare gli effetti che potrebbero risultare esiziali
per la nostra stessa sopravvivenza. Appare perciò indispensabile declinare il
nuovo imperativo categorico dell’Etica della Responsabilità: “ Agisci in modo
che gli effetti delle tue azioni siano sempre compatibili con la continuazione
di una vita autenticamente umana. “
Occorre con urgenza rifondare un’etica cosmica con la quale affrontare i
problemi che il terzo millennio ci prospetta.
Lo
stile brillante, la dialettica sagace, a volte pungente ed ironica,
caratterizza la narrazione del presente
volume che procede sapientemente per analisi e sintesi in quanto, pur essendo una scrittura necessariamente veloce
che ci propone parecchi artisti di grande
spessore, non risulta mai affrettata o
superficiale ; al contrario la capacità di analisi del suo autore si combina in
un’alchimia perfetta che soltanto pochi posseggono, con la capacità di saper
sintetizzare, con essenziali ed equilibrate parole, tutto ciò che d’ importante
c’è da sapere sull’ artista preso in esame che viene contestualizzato nell’ ambientazione delle relazioni umane,
sociologiche e storiche in cui si è formato, in sintesi , nel suo microcosmo.
Sfogliare
questo libro, intenso e bellissimo, ricco di vibrazioni messianiche ed
escatologiche, è come aprire uno scrigno
pieno di gioielli rari e preziosi tra i quali è quasi impossibile scegliere il
più bello ed è per questo che, per non offendere alcuno, tralascerò di citare i
nomi prestigiosi delle donne e degli uomini, presenti nel “ Cafè de Maistre” , che
hanno dato, con le loro opere e con l’esempio di vita, testimonianza della fervida attività culturale che la
generosa terra di Sicilia, pur con tutti i suoi limiti, produce e che ci fa
sperare, nonostante “ mala tempora currunt “, nonostante l’ attuale
condizione culturale globalizzata e disumanizzata, lontana dalla Tradizione, in un mondo migliore.
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