di Tommaso Romano
La pesante offensiva architettata
scientemente nei confronti dell’integrità e intangibilità del genere umano, per
come esso è naturalmente, razionalmente ed affettivamente e per come lo
sperimentiamo e lo intendiamo da sempre, è puntata a relativizzare e comprendere,
giustificandolo, ogni singolare capriccio e ogni egoismo, esaltandolo come
espressione di autonomia e libertà senza limiti, individualisticamente intesa.
In effetti, se ben si seguono le sorti
“magnifiche e progressive” del libertarismo e del libertinismo filosofico e
letterario (che agiscono attraverso la radicale concezione della gnosi, da
tempo immemore), dell’edonismo come ideologia e prospettiva assolutamente
liberanti, sciolte da ogni legame e vincolo, non possiamo che assistere ad un
processo che ha attentato e sta mirando al cuore dell’ordine civile e morale, e
ciò sia detto senza moralismi. Complici e attivi protagonisti di questo
rivoluzionario stravolgimento tentato al fine di creare l’indistinto umano,
l’androgine asessuato, la interscambiabilità dei ruoli, senza residua identità,
un briciolo di pudore e valori che si concretizzano nelle pratiche che
affondano nell’elaborazione artificiale razionalista, illuminista, positivista,
freudiana e che hanno trovato i fondamenti teorici e poi applicativi nel ribaltamento dei
concetti stessi di ordine civile e di diritto naturale. In tutti gli ambiti,
una tale distruttiva e nichilistica tendenza si è manifestata con straordinaria
virulenza: dalla scienza politica alla teologia, dalle scienze umane e
sperimentali al conseguente predominio voluto della tecnica, sostenuto da
occulti manovratori che fanno riferimento ai grandi poteri
economico-finanziari, da ascrivere alla logica imperante e spietata del
capitalismo mondialista senza volto e senza morale.
Non solo si è ingenerata la grande messa
fra parentesi e sottovalutazione di Dio, ormai ridotto a simulacro nemmeno
tanto simbolico, a un consolatore che tutto giustifica (una aberrazione
smentita in toto dai Testi Sacri, dall’Antico e Nuovo Testamento e per gran
parte anche dagli apocrifi), una sorta di indistinto amministratore onorario
dell’universo, più correntemente inteso come non altro che una mera costruzione
del pensiero umano, un’anticaglia insomma che ancor meno del famoso oppio di
Marx.
Deismo e Panteismo si incontrano così
nella codificazione del vago sentimentalismo consolatorio, lo stesso Gesù
Cristo è al massimo considerato un bel personaggio della storia al pari di altri
profeti o pseudotali come Maometto, Buddha, Confucio, ecc…, non certo la fonte
della Verità che si è umanizzata nella Sostanza Divina per salvare. Un Cristo
buono, arrendevole, per giustificare senza ricorrere alla giustizia e al
giudizio divino. Una rivoluzione, che non ha risparmiato le chiese, a
cominciare da quella cattolica, nella stragrande maggioranza delle loro
gerarchie e componenti.
La secolarizzazione della società è una
conseguenza di questa riforma sostanziale che porta, a volte inavvertitamente,
all’eclissi del Dio Creatore.
La separazione assoluta fra vita civile
e vita religiosa e sacrale, ha naturalmente portato alla totale laicizzazione
delle istituzioni, con la radicale espulsione di ogni riferimento trascendente
a favore di una etica e di una prassi umana,
molto umana che, in nome dell’assolutezza del soggetto, nega in radice ogni
possibilità di etica pubblica fondata sul ricorso a valori, principi, modelli
fondati sull’autorevolezza e non sul relativismo che tutto equipara
nell’esigenza dell’umano.
Cade così il principio, che è naturale
oltre che giuridico, della famiglia fondata oltre che sull’amore, intanto su
ciò che la fa in quanto tale, e cioè un
padre e una madre e il figlio loro frutto. Si vorrebbe equiparare la famiglia
naturale a quella di sana pianta inventata dall’arbitrio individualistico ed
edonistico, negando in radice la natura stessa a favore dello sfruttamento funzionalista della
maternità surrogata. Argomentare che gran parte dei paesi stranieri va
legalizzando tutto ciò, non significa certo decidere per il reale progresso e
l’integrità dell’istituto familiare, naturalmente vocato alla trasmissione
della vita.
La condizione omosessuale è quindi da
considerare come cosa a se stante rispetto all’equiparazione degli istituti
familiari che è oggettivamente tutt’altra cosa. L’una, quando è vissuta
decorosamente, senza ostentazioni e nelle normate garanzie delle reciprocità si
può inscrivere nella prassi (ma ciò vale esattamente anche per la condizione
degli eterosessuali), l’altra s’inscrive nella astrazione e nella pretesa puramente
egoistica.
Lo stato non può certificare né il furto
né l’assassinio, seppur praticati da una minoranza, le istituzioni moderne tendono invece a
legalizzare ogni inclinazione e ogni volere, legiferando non per il bene comune
e dei terzi ma per il bene esclusivo dei singoli che non si curano, a loro
volta, delle conseguenze che potranno ingenerare su una prole votata alla
disidenticità. Ma la logica della modernità, dopo aver smantellato lo spirito
della famiglia tradizionale e la forma di quella naturale e con la stessa
negazione del principio dell’intangibilità della vita nascente, non si ferma e
codifica come un notaio cieco ogni tipo di tendenza e di volere, assai utile
peraltro alle crescenti esigenze della produzione e del capitale, che
percorrono così nuove strade del consumo con offerte sempre più trasgressive e
accattivanti nel nome della “moda”.
La perdita dei ruoli, la crescente
mascolinizzazione delle donne e l’inquietante femminilizzazione degli uomini,
oltre che indotta è volutamente incoraggiata dalle sofisticate centrali del
sovvertimento, che non operano solo a fine di lucro.
Ultima frontiera – almeno fino ad ora,
ma si ci aspetta tanto altro… - è il c.d. Gender, una idea che tende a
generalizzarsi, che parte dall’assunto che ognuno può essere ciò che vuole
apparire nell’aspetto e anche
sessualmente, basta solo volerlo e le istituzioni si premureranno a
legalizzare.
Una conseguenza diretta della
rivoluzione sessuale già preconizzata come liberatrice dalla frustrazioni e dai
complessi.
Scegliere con il proprio arbitrio in
nome di un falso concetto della libertà e senza tener conto né di ciò che si è
veramente, né degli altri, specie in campo educativo, corrisponde a ridurre il
soggetto alla pura dimensione animalista (l’animalismo esasperato è, infatti,
una componente di questa rivoluzione) in ogni tendenza. Svuotando l’ordine
naturale, la procreazione, l’educazione e ogni fondamento di valore. Arrendendosi,
insomma, alla “logica” della giungla, con gli esiti che non è difficile
intravedere. Le deboli anche se a volte generose resistenze a tale dissoluzione
in atto sono lo specchio di una indifferenza e sottovalutazione quietistica
dell’attuale realtà di crisi.
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