martedì 9 giugno 2015

Il Premio della Tradizione 2015 "Antonino D'Alia"

Si svolge mercoledi 10 giugno alle ore 17:30, all'Hotel Joli, in via Michele Amari (angolo piazza Florio) a Palermo, l'annunciata conferenza di Julio Loredo e Tommaso Romano sulla Teologia della Liberazione. La Giunta Siciliana di Tradizione Patria e l'Empire International Club hanno assegnato il riconoscimento speciale Internazionale - Premio della Tradizione 2015 "Antonino D'Alia", premio fondato nel 1994 a Loredo per il suo volume edito da Cantagalli. Tutti i nostri lettori sono invitati. La cerimonia si svolgerà alla fine della conferenza che è organizzata dall'ISPEE, dalla Fondazione Thule Cultura e da Tradizione Famiglia e Proprietà. Verranno inoltre insignite altre Personalità con gli attestati del Premio Nazionale. Su Antonino D'Alia pubblico un mio testo di seguito. 

ANTONINO D'ALIA: UN DIPLOMATICO PER LA STORIA


Nel cuore della provincia palermitana a San Giuseppe Jato (fino a metà Ottocento denominato San Giuseppe dei Mortilli) nasceva il 20 settembre 1875 una singolare e tutta da riscoprire figura di colto diplomatico, storico e scienziato della politica: Antonino D’Alia. 
Figlio del dottor Marco (il medico dei poveri generosa personalità dell’Ottocento jatino cui il Comune ha dedicato una via cittadina) e di Donna Giuseppina Riccobono (della cui famiglia fece parte il celebre storico e teorico del diritto romano il professore Salvatore Riccobono che sposò la sorella di Antonino, Francesca, e che fu anche Rettore dell'Ateneo Paler­mitano, Accademico d’Italia e Presidente della Provincia di Palermo negli anni Trenta), Antonino D’Alia ebbe ben altri otto fratelli e sorelle. Dopo gli studi liceali conseguì la laurea in giurisprudenza presso l’Uni­versità di Genova il 26 novembre 1899. Con Decreto Ministeriale del 15 novembre 1902, dopo un esame di concorso, nominato applicato volontario nella carriera consolare è destina­to ad Alessandria. 
Vice console a San Paolo del Brasile nel 1904, l’anno seguente venne trasferito a Barcellona e nel 1906 a Smirne. Con Regio Decreto 5 agosto 1907 fu promosso Vice Console di prima classe. Dal 1914 venne trasferito a La Canea. 
Richiamato sotto le armi prestò servizio al Ministero degli Esteri e poi alla presidenza del Consiglio dei Ministri. Divenne quindi capo dell’Uf­ficio Politico presso il Governatorato della Dalmazia dal novembre 1918 all’aprile 1919. 
Nominato console Generale il 19 gennaio 1923 e Consigliere di Lega­zione nel 1924, in questi anni fu a Bruxelles e a Francoforte sul Meno. 
Inviato straordinario e Ministro Plenipotenziario, fu destinato nel 1925 a Montevideo. Per l’intesa e qualificata attività diplomatica venne insignito dei più alti gradi delle decorazioni di Stato: il re Vittorio Emanuele III, con un motu proprio, gli conferisce il grado di commendatore dell’Ordine dei SS. Maurizio e Lazzaro e di Grande Ufficiale dell’Ordine della Corona d’Italia. Molte le decorazioni concesse da stati esteri. Per l’opera prestata in occa­sione del terremoto del 28 dicembre 1908 in Calabria e Sicilia fu decorato con medaglia d’argento. Il 20 aprile 1904 sposò a Palermo Maria Pitrè, figlia del celebre an­tropologo e folklorista professore Giuseppe Pitrè. In occasione delle nozze della figlia, il Pitrè le dedicò Studi di leggende popolari siciliane definendo l’avvocato Antonino D’Alia «uno dei più colti vice consoli d’Italia». Una piccola gemma bibliografica, a questo proposito, è un mio "rinvenimento": in occasione delle nozze D’Alia Pitrè (20 aprile 1904) Maria Pizzuto Amico (la madre dello scrittore Antonio Pizzuto), farà dono a Maria e a Nino, di una delicata raccolta di versi di chiara matrice petrarchesca con echi leo­pardiani Canti dell'anima, pubblicati a Palermo dalla tip. C. Sciarrino già Puccio, nello stesso 1904. Sono diciassette liriche accompagnata da una nota a Maria mia, in cui ira l'altro Maria Pizzuto Amico annota: «Sei stata la gioia del padre tuo, il desio delle amiche, che oggi a profusione sfogliano il tuo candido velo dai lattei fiori dell'arancio, e ti circondano amorose; e t'invocano una felicità duratura, quale meriti tu, così buona e gentile (...). Accetta questi poveri versi, che ho voluto raccogliere per le tue nozze; essi esprimono i sentimenti dell'anima mia ove anche tu hai tanta parte! Tu ed il tuo Nino graditeli con i più felici auguri da me, da Giovannino mio dai bambini miei; e Dio vi prosperi ora e sempre! Maria tua». 
Da quel matrimonio nacque il 29 gennaio 1905, a San Paolo del Brasile, l’unica loro figlia Giuseppina, spentasi a Roma il 24 dicembre del 1977, che dedicò l’intera sua esistenza alla memoria del nonno Pitrè e del padre. 
Nel 1967 Giuseppina D’Alia donò al Museo Etnografico Siciliano Pitrè di Palermo molti importanti cimeli dei due personaggi (il museo fu fondato dallo stesso Pitrè nel 1909 in un ex convento cittadino e dal 1934 trasferito dal direttore e discepolo Giuseppe Cocchiara alla Palazzina Cinese). 
Tramite della donazione fu il valoroso professore Gaetano Falzone, al­lora direttore. 
Nella biblioteca del Museo, sistemata a Villa Niscemi, abbiamo trovato un inedito manoscritto sulla vita e le opere di Pitrè opera di Maria, poi me­ritoriamente pubblicato sulla rivista etnostorica di Aurelio Rigoli. 
Ma queste note biografiche sarebbero solo un doveroso riconoscimento all’attività di questo diplomatico siciliano e parte della storia del paese natio se non intervenisse a sostegno di una pubblica riscoperta la sua monumen­tale fatica di scrittore. 
I filoni dell’opera approfondita del D’Alia sono tre: quello più propriamente storico-geografico, quello biografico e l’ampio interesse per la scien­za politica. 
Per ciò che riguarda le ricerche e l’indagine storico-geopolitica, con implicanze metapolitiche e con l’occhio costantemente rivolto alla diploma­zia, Antonino D’Alia si dedica fin dal 1904 con un saggio su Il cotone e la sua industria nello stato di San Paolo, cui fanno seguito numerosi volumi e articoli su Francia, Spagna, Dalmazia, Balcania, Austria-Ungheria, Inghil­terra, Russia, Belgio (su questo stato un volume pubblicato a Bologna nel 1922 da Zanichelli prefazionato da Vittorio Emanuele Orlando e intitolato Il Belgio nei suoi vari aspetti e uno pubblicato a Bruxelles dall’editore Dewit nel 1923 La Belgique intellectuelle, economique, politique). 
Analisi e ricognizioni accurate su queste nazioni, in cui il D’Alia tenta, riuscendovi, di coniugare la organica sintesi dei vari popoli nascente da co­muni tradizioni, usi, costumi (mettendo a buon frutto la magistrale lezione del suocero Pitrè) ma anche modernamente affrontando le problematiche legate alle relazioni comuni, a quelle con altri stati, le vocazioni sociali, eco­nomiche (in particolare l’agricoltura e i rapporti commerciali) e le esigenze della difesa. Sono di rilevante interesse, in questo quadro, alcuni studi del D’Alia di sorprendente e perdurante interesse: nel 1917, in piena guerra mondiale, D’Alia scrive, edito a Roma, un volume su Le basi nazionali della nuova Europa ed ancora dedicato al sogno dell’Europa delle Patrie (che De Gaulle non aveva ancora teorizzato!) nel 1934 Confederazione Europea. Sui rap­porti euro-africani e sulla politica coloniale nel 1934 due saggi vengono accolti sulla «Rivista Coloniale» e sulla napoletana «Studi Coloniali». 
Mentre è del 1919 l’interesse critico ma non demagogico, che D’Alia riserva al tramonto imperiale russo e al nuovo bolscevismo, studio edito dal Ministero Esteri per la Delegazione italiana della Pace a Parigi: La Russia: l'Impero - la repubblica socialista - le nuove formazioni statali. Nella ricerca bibliografica del D’Alia l’altra problematica che abbiamo prima indicato è quella biografica. Si direbbe un interesse speculare, una sorta di riferimento nel personaggio oggetto di indagine come pretesto di un rispecchiamento, come esempio e ammaestramento. Possono così citarsi Il cardinale Richelieu e lo spirito egemonico francese pubblicato sulla «Nuo­va Antologia» (volume 347, 1930); Leggendo la grande sintesi di Pietro Uboldi in «Verità», 1938; Giuseppe Avezzana nel Risorgimento italiano del 1940, Ludovico Manin, ultimo doge di Venezia sempre del 1940, pubblicato dalla Società Editrice del Libro Italiano a Roma, frutto di frequentazione amicale con la famiglia Manin e con il loro archivio-biblioteca, corredato da preziose tavole genealogiche, e infine Napoleone nel giudizio di contem­poranei e posteri, Roma, 1942. Questi profili e la scelta dei personaggi sono oggetto di riflessione dell’ul­timo quindicennio di vita del D’Alia, conclusa la carriera diplomatica. 
Terzo filone degli studi di Antonino D’Alia è la scienza politica. Numerosi gli articoli e saggi fra cui La teoria dei contrari e del giusto mezzo («Verità», 1939), Le tre verticali della terra («Verità», 1942); ma di somma importanza sono Popoli e paesi nella storia dell’umanità, Saggio di scienza politica (740 pagine in ottavo edita da Treves a Roma nel 1932); e due tomi del 1938, editi a Roma da Cremonese, a cui D’Alia aveva dedi­cato molti anni di studio: Massime di arte e dì scienza politica raccolta di massime e aforismi con ampia introduzione, sui più svariati temi e problemi lumeggiati dai maggiori personaggi e interpreti della storia dell’umanità, fino al fondamentale Scienza Politica in cui risalta e si completa la fatica del pensatore jatino. Una sorta di storia dell’umanità, una vera e propria storia universale in cui D’Alia, in questi tre ampi volumi, dà prova non solo di erudizione ma anche di preveggenti proposte risolutive. Alberto Lumbroso ne parla, ad esempio, con una puntuale recensione sul numero 16 del 1932 de «Il Marzocco», intitolata Sono ancora possibili le storie universali?, giustamente accostando, la prima delle tre fatiche dell’ «illustre diplomatico» D’Alia, al grande filone che da Erodoto e Polibio fino a Bossuet, Rollili, Herder, Oucken, Hanotaux arriva al Cantù «con un ardore e una fede degni di Lu­dovico Antonio Muratori». Al volume del 1932 il Lumbroso assegna un ruolo di «guida culturale da Vedemecum soltanto agli Uomini di Stato ed ai Diplomatici di pubblico esiguo per quanto scelto, cui si aggiungeranno tutti i lettori che s’interessa­no alla politica come scienza, e alla storia come guida dell’uomo di stato, del Ministero degli Esteri, dell’Ambasciatore, di tutti coloro che si sobbarcano all’arduo compito di dirigere la politica estera della loro patria». Il primato della storia, e non della semplice innovazione senza radici, è ben presente in D’Alia che unisce metodo critico a metodo volgarizzatore «una scienza dif­ficile e complessa com’è quella investigata dagli uomini politici» da distin­guersi bene da «quelli che fanno e vivono della politica» o «politicanti», che non han diritto all’etichetta di «scienziati». Un’opera riuscita e poderosa, come sottolinea ancora il Lumbroso, un «monumentale e classico libro» di cui si occuperà, anche riferendosi a questa recensione citata, Antonio Gramsci nei suoi Quaderni dal carcere (Einaudi, Torino, 1975, p.l 150). Se in questi tre volumi ve la sicura e com­piuta esposizione dell’idea di scienza del D’Alia, bisognerà pure accennare ad un’altra opera originale del Nostro: L’amore nel secolo ventesimo - cause ed effetti della sua decadenza, pubblicata a Roma nel 1942 che sarà anche il suo ultimo libro. Morirà, infatti, nella capitale il 13 settembre 1944 nella sua casa di Via Basento.Le ricerche già compiute, come una tesi di laurea recentemente discus­sa e il volume su La formazione della diplomazia nazionale (1861-1915) - Repertorio biobibliografico dei funzionari del Ministero degli Affari Esteri, curato dal Dipartimento di scienze storiche e sociali dell’Università degli studi di Lecce (edito a Roma nel 1987 dall’Istituto poligrafico e zecca dello Stato), possono rappresentare l’inizio di un auspicabile e corposo appro­fondimento critico della vita e soprattutto dell’opera del D’Alia e la neces­saria ripubblicazione delle sue maggiori fatiche.

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